Remo non lo hanno visto arrivare. Non erano primarie, ma ottavi di finale, campionati europei di calcio, Germania, estate 2024. E l’estate del pallone italiano finisce qui, ci si rivede dopo Ferragosto, bisognerà aspettare che riparta il campionato.

Non lo hanno visto arrivare Remo Freuler, mediano, controllo di sinistro, un rimbalzino come chi si infila le infradito al volo, tiro di collo sinistro e per una volta Gigio Donnarumma non è imbattibile seppure incolpevole. Vince la Svizzera, apre Remo Freuler, mediano qui e nel Bologna dei miracoli. Con lui altri due compagni in Emilia, Ndoye e Aebischir ed è un po’ come dire che per battere l’imbarazzante armata del commissario Luciano Spalletti è bastato mezzo Bologna: la delusione è immensa, altro che piazza Grande.

L’ITALIA TORNA A CASA, i ragazzotti potranno recuperare tra Ibiza e Formentera, sono in arrivo con l’anticiclone. Ai quarti va chi merita di più, per quanto fatto vedere nelle prime tre gare e anche nella sfida a eliminazione diretta: ora la Svizzera beccherà una tra Inghilterra e Slovacchia che se la giocano oggi alle 6 di sera.

La delusione di Bastoni dopo la partita (Ap)

Non era una partita come le altre quella tra italiani e svizzeri o forse sì, magari poteva avere un profumo particolare per Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico eletta anche perché come ha spiegato lei e i suoi «non li hanno visti arrivare», italiana dalla nazionalità più larga di un qualsiasi campo, tre passaporti statunitense, ma anche italiano e appunto svizzero. Lei, nata a Lugano e interpellata una manciata di ore dalla partita, alla domanda per chi tifa la segretaria, rispondeva con un’essenzialità quasi commovente: «Per l’Italia ovviamente». L’Italia chiamò, ma stavolta trovò occupato. Va aggiunto che per una volta la segretaria Schlein esce sconfitta, va ammesso che ultimamente non le accadeva troppo spesso.

LA CRONACA RACCONTA che il primo gol arriva dopo 37 minuti e al termine di un imbarazzante azzurro tenebra. La cosa più grottesca però accade dopo 30 secondi della ripresa, mentre Luciano Spalletti è sempre in maniche di camicia e batte le mani per incitare i suoi. Invece inizia la fine. Il gol del 2-0 è di Vargas, la storia finisce qui.

Ruben Vargas dopo il 2-0 segnato all’inizio del secondo tempo (Ap)

Che fosse una squadra scapestrata si poteva capire già dopo il 2-1 dell’esordio, una vittoria in rimonta contro la volenterosa Albania dove forse il miglior (ex) giocatore era l’allenatore brasiliano Sylvinho e invece celebrata come un’impresa senza un razionale perché. Neppure la sconfitta contro la Spagna aveva aperto gli occhi, rubricata alla voce «sconfitta sì, ma contro i nuovi campioni in pectore». Anche qui, si cercano ancora indizi per avallare una tale ipotesi. Il pari a tempo scaduto contro l’orgogliosa Croazia aveva riaperto sul leggìo tutto lo spartito della marcia trionfale. Visto come era andata in campo sarebbe stato meglio suonare The First Time Ever I Saw Your Face di Roberta Flack, canzone dal titolo infinito e ritenuta la più triste del mondo dall’algoritmo di Spotify.

COSÌ I CAMPIONI D’EUROPA in carica escono alla quarta partita, tra gli applausi, forse immersi in un contesto che ammette solo elogi e nessuna critica. Si dirà, con buona probabilità, che «bisogna riaprire un ciclo», tralasciando che solo tre estati fa un’altra giovane Italia aveva sconfitto tutto e tutti. Basterebbe dire che certo non tutte, ma molte scelte del commissario tecnico Spalletti si sono rivelate sbagliate, per esempio quella di lasciare a casa Orsolini, uno del Bologna come Freuler gol e compagnia e portare quel Fagioli che aveva appena ripreso a giocare perché fermato dalla giustizia sportiva per il caso scommesse. Resta sicuramente deluso chi ha pensato che il ragazzotto della Juventus avesse l’orgoglio della “second life“, quella roba che ai Mondiali di 18 anni fa aveva contribuito a trionfo dell’Italia, al Mondiale, sempre in Germania.

Non è servito questo e neppure lo stadio olimpico di Berlino, quella dove Jesse Owens vinse tutto nell’Olimpiade del Reich nel 1936, spedendo per la prima volta all’inferno Adolf Hitler. Stesso stadio, ma questa al confronto è storia minore, nel quale Marco Materazzi prese una testata da Zinédine Zidane, siglando anche così il trionfo azzurro nella finale mondiale. Chi stavolta confidava in un altro interista è rimasto deluso: Nicolò Barella esce a metà ripresa, serata impalpabile.

ITALIA-FRANCIA, da Barella a (Jordan) Bardella, solo un anno in più rispetto alla mezz’ala azzurra. Ieri Barella esce dall’Europa, sarebbe buona cosa che un’altra sconfitta segnasse oggi la performance elettorale del giovane leader di Tit-Tok e del Rassemblement National. In caso contrario sarebbero lacrime vere per l’Europa dei diritti e delle libertà.
Lacrime, sulla cui veridicità si dovrà indagare, sono quelle che gli azzurri di Spalletti piangono sul prato di Berlino. Spalletti ci prova: «A fare la differenza è stato il ritmo, ci vuole più gamba, ritmo, lucidità».

Tifosi guardano la partita nella piazza di Testaccio a Roma (foto Ansa)

VABBÈ, NON È UN DISCORSO da statista, ma in realtà neppure stavolta si sono visti in Germania statisti italiani di un qualsiasi livello. Non si è vista neppure la premier Giorgia Meloni, perché squadra che non vince non si frequenta. Si è visto per la partita dell’addio azzurro solo un accigliato Ignazio La Russa, presidente del Senato. Qui 18 anni fa festeggiò l’Italia campione del Mondo, c’erano il presidente Giorgio Napolitano e la ministra Giovanna Melandri, un imbronciato Jacques Chirac, era un’altra Europa.

L’Italia rientra nella notte, c’è chi teme contestazioni all’atterraggio. E c’è chi, più saggiamente, teme che nessuno senta l’esigenza di vederli arrivare.