L’acquisizione del settore Aviation di Alitalia da parte di Ita Airways si configura come «trasferimento di ramo d’azienda» e ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile anche tutti i lavoratori devono transitare nella nuova compagnia aerea, a condizioni immutate.

Svelato il contratto “segreto” fra Alitalia e Ita – anticipato dal manifesto il 21 aprile – ieri è arrivata la prima sentenza che reintegra ben 77 lavoratori ex Alitalia in Ita Airways (altri trenta avevano transato ottenendo la assunzione) assistiti dagli avvocati Panici e Guglielmi, condannando la compagnia aerea al pagamento ai ricorrenti delle retribuzioni maturate dalla decorrenza| del contratto di vendita del 14 ottobre 2021.

Il giudice del Lavoro di Roma Claudio Cottatellucci è fra i cinque che hanno deciso di imporre agli avvocati di Ita Airways di produrre il contratto – fra due società completamente pubbliche – finora negato dai governi Draghi e Meloni perfino a parlamentari che ne avevano fatto richiesta.

OLTRE 1.100 EX DIPENDENTI di Alitalia hanno fatto causa per chiedere il reintegro. Ora è probabile che gran parte dei 3.400 esuberi non riassunti da Ita li seguano. La stima dei costi in caso di vittoria dei ricorrenti è di centinaia di milioni di euro.

Un vero terremoto giudiziario, che rischia di avere conseguenze sull’annunciato ingresso di Lufthansa nel capitale di Ita.

Anche l’accordo con cui i tedeschi comanderanno nella nuova compagnia con il solo 41% per soli 325 milioni non è pubblico. Lufthansa era conscia del rischio delle cause di lavoro e ha imposto al governo di prevedere clausole al riguardo. In una prima ipotesi chiedeva una forma di «assicurazione» sui danni patrimoniali delle cause che sarebbe stata a carico del ministero dell’Economia (Mef). In un secondo tempo invece pare abbia scelto un’altra formulazione: fino a certo limite di «oneri economici non previsti alla data della firma», Lufthansa se ne sarebbe fatta carico. Superata questa soglia – non resa nota e che Ita Airways contattata dal manifesto non vuole specificare – i tedeschi avrebbero previsto un «diritto di recesso» dall’ingresso in Ita. Un vero harakiri per il ministro Giorgetti che, come Meloni, hanno brindato per l’accordo con Lufthansa.

Ita, che annuncia ricorso alla sentenza di ieri, non commenta. Lo stesso fa anche il Mef.

«NELLA DISCUSSIONE FINALE della causa – spiega l’avvocato Carlo Guglielmi – gli avvocati di Ita Airways hanno prodotto un documento sostenendo che se il giudice avesse reintegrato i lavoratori, Lufthansa si sarebbe sfilata dall’accordo. Ma questo, non attenendo minimamente al merito della causa, non poteva avere altra finalità che un’intimidazione non riuscita verso il giudice. Fin dal principio, la nascita di Ita e la scelta di Altavilla come presidente hanno dimostrato tutta l’arroganza del potere in spregio delle leggi e dei diritti dei lavoratori: dal 2021 sapevamo che sarebbe finita così», chiude Guglielmi.

La vicenda ha poi un importante risvolto sindacale. I lavoratori che ieri sono stati reintegrati in Ita sono appoggiati dal sindacato Assovolo che, come la Cub, ha fatto della battaglia contro Altavilla una strategia fin dall’inizio. I confederali – Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt – che inizialmente hanno contestato Altavilla, hanno poi firmato il nuovo contratto nazionale, facendo assumere i lavoratori a condizioni da low cost, molto peggiori di quelle di Alitalia e dei – da oggi – reintegrati.

QUANTO ALLE 256 PAGINE del «contratto di cessione di beni e contratti» fra Alitalia e Ita, redatto dal notaio Nicola Atlante, le sole prime 26 sono esplicative. Per il resto sono elencati tutti i compendi ceduti. L’«oggetto di cessione» è definito tramite una «vendita in blocco» e non per singoli beni «a terzi e a prezzi di mercato», come richiesto dall’Unione europea.

IL PREZZO PAGATO DA ITA è di un solo euro. Una cifra risibile ma che venne considerata legittima grazie alla perizia Fiori dell’aprile 2021, nella quale il professore – incaricato dai commissari straordinari di Alitalia di «predisporre una perizia valutativa dell’offerta pervenuta» – spiegava come addirittura Alitalia avesse dovuto pagare Ita per la cessione del ramo Aviation ben «140 milioni» perché «quel ramo di fatto aveva un valore negativo» visto che «il valore dell’azienda cambia a seconda del contesto».
Una posizione difficilmente sostenibile dal punto di vista logico: Ita non si è accollata i debiti di Alitalia e già solo uno slot (i permessi di volo) di Linate vale parecchi milioni di euro, il totale viene stimano sugli 800 milioni. La stessa Alitalia Sai poi aveva comprato dalla precedente Alitalia Cai dei “capitani coraggiosi” lo stesso compendio per 806 milioni, accollandosi perfino i debiti stimabili in altre centinaia di milioni.

«ORA CHE È ARRIVATO il pronunciamento molto netto di un tribunale, all’esito della disamina del contratto che era stato mantenuto segreto – spiega l’avvocato Pierluigi Panici – si aprono prospettive rilevanti sia per i diritti dei lavoratori sia per gli altri aspetti connessi alla cessione del ramo d’azienda Aviation. Tutti i lavoratori che finora non hanno proposto l’azione giudiziaria e che, rimanendo in Alitalia sono destinati inevitabilmente al licenziamento, possono far valere il loro diritto alla prosecuzione del rapporto con Ita. Quanto al contratto Ita-Alitalia è palese la violazione delle regole fissate dalla Commissione europea sulla nascita della nuova compagnia. Si apre dunque il tema degli aiuti di stato che la Ue può recuperare rifacendosi su Ita, una situazione che porta a considerare Meloni e Giorgetti come sovranisti da operetta, se non fanno valere gli interessi nazionali, patrimoniali dello stato e sociali per il mantenimento dell’occupazione nei confronti tedeschi di Lufthansa», conclude Panici.

Per la responsabile Lavoro del Pd Cecilia Guerra «la vittoria giudiziaria dei lavoratori di Alitalia, cui è ora riconosciuto il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di Ita, è importante anche perché dà giustizia al principio secondo cui le imprese non possono essere mai considerate come entità separate dai lavoratori e dalle lavoratrici (tante in questo caso) che ne hanno reso possibile l’esistenza, e dei cui destini non ci si può disinteressare quando si affrontano trasformazioni industriali».