Con almeno tre mesi di ritardo rispetto alle previsioni dei maggiori media italiani e con il giallo serale della mancata firma dell’accordo – evidentemente c’è ancora qualche intoppo – Ita airways diventa una (delle tante) controllate dei tedeschi di Lufthansa tramite un solo comunicato stampa. La discesa a Roma ieri dell’ad Carsten Spohr ha chiuso la lunga trattativa «in esclusiva» all’interno dei contorni disegnati fin dallo scorso autunno.

Si tratta di un unicum nella storia del capitalismo: la compagnia tedesca tramite un aumento di capitale sarà in possesso del 41% delle azioni di Ita con il Mef (attuale azionista unico) che scenderà al 59%. Ciò nonostante i tedeschi avranno completo controllo della cloche e comanderanno in piena autonomia: Joerg Eberhart, l’ex numero uno di Air Dolomiti e oggi capo delle Strategie di Lufthansa sarà il nuovo amministratore delegato a guidare un nuovo Cda.

FRA DUE ANNI, se Ita andrà in utile, Lufthansa andrà in maggioranza. Se, come molti esperti sostengono, le cose dovessero andar male, i tedeschi se ne andrebbero gratis, lasciando al governo italiano la patata bollente di una compagnia in deficit. Un vero capolavoro di «nazionalismo capitalista» orchestrato dal ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti con il bene stare di Giorgia Meloni.

Sotto il suo governo il valore della compagnia nata dalle ceneri di Alitalia è passato dagli 1,3 miliardi autostimati dall’ex presidente Alfredo Altavilla ai 792 milioni del valore condiviso ieri con Lufthansa: in pratica Giorgetti è riuscito nell’impresa di dimezzare il valore di Ita. I tedeschi con 325 milioni avranno il 41% mentre il governo – come ulteriore incentivo – interverrà con altri 250 milioni, ultima tranche del 1,35 miliardi di stanziamento iniziale per la «start up» – definizione sempre di Altavilla – più ricca della storia.

L’affare per Lufthansa è doppiamente profittevole. Oltre ai zero rischi, i tedeschi potranno riempire i loro lucrosi voli intercontinentali negli hub della Germania di passeggeri italiani.

L’unica incognita per i tedeschi riguarda il vaglio dell’Antitrust europea. Se fino all’anno scorso a Lufthansa era stato concesso di tutto, negli ultimi mesi i ricorsi vinti da Ryanair e altre compagnie contro gli aiuti di stato ricevuti in pandemia – 6 miliardi dal governo di Berlino – e le posizioni dominanti, potrebbero costringere l’amica danese Marghete Vestager a imporre qualche condizione.

IN SPECIAL MODO SUGLI SLOT – i permessi di volo – che Lufthansa si accaparra da Ita dopo che questa li ha avuti per un solo euro da Alitalia. In primis a Linate la guerra degli slot andrà presto in onda con tutte le altre compagnie – a partire da EasyJet – pronte a fare ricorso.

L’altra incognita è tutta italiana. Il passaggio dell’intero ramo aviation di Alitalia a Ita è avvenuta per un solo euro e in totale continuità aziendale. La lotta giudiziaria di oltre mille lavoratori non reintegrati in Ita, ha portato numerosi giudici del Lavoro a intimare a Ita di produrre in giudizio il contratto “segreto” di acquisto, come anticipato il 21 aprile dal manifesto. Ciò dimostra la «cessione di ramo d’azienda» che ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile prevede la continuità del rapporto di lavoro con tutti i diritti che ne derivano. Nell’accordo sembra che Lufthansa abbia stabilito una soglia per questo “costo”: oltre i 30 milioni di stipendi arretrati da riconoscere, i tedeschi si vedrebbero scomputare la cifra dal costo di Ita oppure potrebbero recedere dall’acquisto.

Ieri invece davanti al Mef hanno protestato i circa 4 mila cassintegrati che hanno avuto un solo stipendio negli ultimi quattro mesi. Ridotti «in mutande», anche per loro lo «spezzatino» di Alitalia ha portato solo danni e povertà.