La volpe, il coniglio, l’elefante, la giraffa e tanti altri animali di specie diverse, tutti insieme, avvolti da coperte, con fagotti e borse, in una lunga marcia silenziosa e dolente che attraversa il bosco, al freddo e al buio. L’unica esile figura umana che chiede di unirsi al cammino rappresenta la morte. Gli animali antropomorfi dai colori sgargianti hanno espressioni tristi e addolorate. Ognuno porta con sé pentole e stoviglie. Si fermano, mangiano, si riposano, si prendono cura l’uno dell’altro, le razze si mischiano. Poi tutti corrono per salire su un’imbarcazione, sono stipati su una carretta che si spacca e affonda, qualcuno non raggiunge la riva, muore.

UN RACCONTO drammaticamente attuale nelle intense e poetiche tavole del pluripremiato Migranti, albo illustrato senza testo dell’artista Issa Watanabe, peruviana, classe 1980, pubblicato in Spagna nel 2019 e in Italia nel 2020 da logosedizioni, uscito in diciassette paesi. L’autrice è stata selezionata dalla Bologna Children’s Book Fair nel 2018, nel 2020 e quest’anno, per la prima volta in Italia, è alla fiera per presentare agli editori il suo nuovo progetto e incontrare i lettori.

«MIGRANTI» è uno strumento utile e potente nei laboratori organizzati nelle scuole e nei centri di accoglienza in Europa e in Sudamerica come ci racconta Watanabe. «Ho scoperto tutto ciò che il libro ha il potere di generare. È una combinazione difficile per un testo di letteratura per l’infanzia, un argomento drammatico su fondo nero e senza parole, ma credo che un testo sia lo spazio più sicuro in cui riflettere, elaborare l’angoscia, ognuno al suo ritmo. Inoltre si può chiudere e riaprire in qualsiasi momento, si possono saltare le pagine che disturbano. È un tema che risponde alla loro curiosità e, a differenza delle immagini a cui sono esposti senza filtri, qui sono accompagnati nel farlo».

«Ogni personaggio – prosegue l’autrice – ha un’identità precisa, una storia, una vita, non è una massa indistinta e gli animali per i bambini sono più facili da avvicinare. È un tema duro, triste e drammatico, edulcorarlo non sarebbe onesto. Non ho mai sentito necessario usare le parole, in questo modo resta spazio per l’immaginazione e la fantasia. Mi esprimo attraverso il disegno, è interessante che non sia tutto detto, lasciare spazio». Inoltre, «agli incontri non racconto mai la storia, mostro le illustrazioni e pongo domande semplici, aperte, per lasciare spazio alle loro interpretazioni, per aprire un dialogo reale. Non c’è una sola direzione possibile, ma è una lettura attiva in cui il bambino diventa coautore. Il silenzio concede ai piccoli di prendere la parola. Siamo costantemente immersi nel rumore, questo momento di pausa e pagine mute è necessario per ascoltare l’altro. Situazioni forti e dolorose come la migrazione forzata, di cui non si spiegano le ragioni, lasciano senza parole. Non avrei potuto dire le stesse cose se non con le illustrazioni».

Watanabe racconta di una bambina piccola che di fronte all’immagine della morte ha parlato per la prima volta, «ha riconosciuto la scena del naufragio in cui ha perso la madre. Esperienze come questa, durante le presentazioni, mi colpiscono per quanto lontano si possa andare con un libro. In Messico, in un centro di accoglienza di passaggio, vicino alla frontiera, un bambino ha attribuito tutte le caratteristiche negative che vedeva nell’orso a un uomo che lo aveva accompagnato. Lo ha indicato ad un responsabile, e dopo le dovute investigazioni è risultato essere un trafficante».

LA SCELTA DI NON AVERE un testo e una lingua permette all’albo di essere democratico. «Nel Cantal (dipartimento francese della regione Alvernia-Rodano-Alpi), sono attivi molti progetti di integrazione e confronto fra le scuole e i minori non accompagnati di due centri di accoglienza. I bambini francesi incontrando i loro coetanei hanno imparato molte cose sulla migrazione. Hanno ascoltato i racconti sulle loro case e sulla guerra, sui viaggi durati anche otto anni, e la mancanza di un luogo dove fare ritorno». La scelta di non aggiungere un testo assume un valore molto potente, ci spiega, «per migranti provenienti da tanti paesi diversi, che stanno imparando il francese per essere integrati a scuola, un testo ufficiale avrebbe generato una gerarchia che li avrebbe fatti sentire in ulteriore svantaggio. Così, almeno sul piano linguistico, si trovano nella stessa condizione». Watanabe aggiunge che «in Perù, ad esempio, la lingua ufficiale è un tema molto sensibile. C’è molta migrazione interna, dalla sierra alla capitale, e tanta discriminazione e razzismo. Quando i campesinos arrivano in città una delle prime cose che cercano di fare è nascondere la lingua quechua imparando il castigliano. L’idioma è un elemento di forte identità e un fattore di grande discriminazione».