«Quando sono arrivato, ho trovato più di cento soldati israeliani che circondavano il nostro ufficio. E lanciavano candelotti lacrimogeni per tenere tutti lontano». Così Khaled Quzmar, direttore della sezione palestinese di Defence for Children International (Dcip), raccontava ieri la scena che ha trovato davanti alla sede della sua ong che tutela i diritti dei minori in molti paesi del mondo, anche in Italia. Dcip invece, per il ministro della difesa israeliano Benny Gantz, sarebbe solo una copertura per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) che considera un gruppo terroristico. Non ha però ancora fornito prove solide a conferma delle sue accuse. E altrettanto vale per altre cinque storiche ong palestinesi che, assieme a Dcip, lo scorso 19 ottobre sono state dichiarate da Gantz ramificazioni del Fplp: Al Haq, Addameer, il Centro Bisan per la ricerca e lo sviluppo, l’Unione dei comitati dei lavoratori agricoli (Uawc) e l’Unione dei comitati delle donne palestinesi (Upwc). A luglio, con una nota congiunta, nove Stati europei, inclusa l’Italia, hanno dichiarato di non ritenere terroristiche le sei ong palestinesi. Gantz ha replicato pochi giorni fa confermando il provvedimento preso in autunno. I soldati ieri prima dell’alba hanno fatto irruzione nelle sedi delle sei ong, dove hanno sequestrato documenti, computer e altri beni, non mancando di rovesciare tutto. Sono penetrati anche negli uffici del Comitato degli operatori sanitari. Poi, prima di andare via, hanno sbarrato gli ingressi e lasciato l’ordine di chiusura contro le sei «organizzazioni illegali e terroristiche».

La protesta, assieme alle dichiarazioni di condanna e di solidarietà provenienti da ogni parte del mondo, è salita con il passare delle ore. Soprattutto sui social dove è diventato virale l’hashstag #standwiththe6. Nel pomeriggio i rappresentanti di una ventina di paesi europei hanno visitato la sede di Al Haq per esprimere solidarietà a organizzazioni che operano da lungo tempo – 40 anni nel caso di Al Haq –, sono riconosciute e ricevono finanziamenti internazionali. «Continueremo il nostro impegno – ha detto il direttore di Al Haq, Shahwan Jabarin – non è solo un lavoro per noi, perché difendiamo l’applicazione della legge, del diritto e della giustizia. Con Israele non c’è giustizia in Palestina, il mondo intero deve guardare la realtà. Siamo di fronte a uno Stato dell’Apartheid, a uno Stato coloniale».

Alle sue parole sono seguite quelle di Francesca Albanese, la Relatrice dell’Onu per i diritti umani. «Chiedo all’Ue – ha scritto su Twitter – di usare il suo grande potere per indurre Israele a porre fine ai suoi attacchi aggressivi alla società civile palestinese». In Italia AOI, CINI, Link2007, Piattaforma delle ONG Italiane in Mediterraneo e Medio Oriente, Amnesty Italia, Assopace Palestina e la Rete Pace e Disarmo in documento comune chiedono «Una presa di posizione chiara e misure concrete da parte del governo italiano e della Ue mirate a indurre Israele a porre fine alle pratiche discriminatorie e di oppressione che, come denunciato anche da Amnesty e dalla Ong israeliana B’Tselem, costituiscono un sistema di apartheid contro la popolazione palestinese». La lotta al terrorismo, ha commentato la deputata Laura Boldrini, «è cosa ben diversa dalla persecuzione di ong che si impegnano per difendere la vita e i diritti delle persone».

Mentre a Ramallah le ong venivano chiuse, a Nablus un 19enne, Wasim Khalifa, cadeva sotto il fuoco di soldati israeliani durante scontri nei pressi del sito della Tomba di Giuseppe.