Sono salite a 290 le persone che hanno dovuto lasciare la loro casa a Casamicciola dopo la frana, ma aumenteranno ancora. Lo si è capito chiaramente ieri dopo la riunione, la prima sull’isola dopo la strage del 26 novembre, tra il prefetto di Napoli, il sindaco dell’area metropolitana, la commissaria del comune e i responsabili dei soccorsi. La pioggia sta per tornare e sono previste nuove evacuazioni. Significa che è stato preso molto sul serio l’allarme lanciato dagli ingegneri e dai geologi, tra i quali Aniello Di Iorio, il primo a essere salito sulle pendici del monte Epomeo per avvicinarsi al punto di innesco della frana, che ieri ha raccontato al manifesto la situazione di estremo pericolo che ha riscontrato in vetta. Massi di tre metri di diametro in equilibrio precario: la terra ha lasciato dietro di sé uno scivolo di argilla sulla massima pendenza che minaccia direttamente le case.

CI SONO ALTRE CASE ancora in piedi accanto alle rovine di via Celario e di via Santa Barbara. Costruite anche più in cima, sfiorate ma non abbattute dalla colata. Negli ultimi due anni ne sono venute su diverse, basta confrontare le immagini di Google (Street view è passata di lì nel 2020, Earth ha immagini satellitari dell’anno successivo) con quelle dei droni di questi giorni. Sono tutte case già sfollate. Altre dovranno esserlo, per esempio lungo il tracciato della cava Fontana che avrebbe dovuto essere la via di scorrimento naturale delle acque dalla montagna, prima che l’enorme massa della frana deviasse il percorso da quello previsto dalle mappe per piombare su via Santa Barbara.

«Si elaborerà un primo piano speditivo che comporterà, laddove ci fossero altre allerte, un’evacuazione temporanea della popolazione non solo a Casamicciola», ha detto il prefetto di Napoli Claudio Palomba al termine della riunione. Significa che le persone saranno spostate in altri alberghi, oltre a quelli dove sono ora, e magari anche nei palazzetti dello sport (uno è nel comune di Forio, l’altro a porto d’Ischia). La protezione civile ha informato di essere al lavoro per perimetrare una nuova, più vasta, zona rossa, «aree che potrebbero essere soggette a ordinanze di evacuazione in caso di nuova allerta meteo». Il piano, ha detto il prefetto, sarà pronto «entro il fine settimana» perché è allora che continua a essere prevista la prossima perturbazione. E la possibile evacuazione riguarderà non solo gli abitanti di Casamicciola.

A essere considerati in pericolo, infatti, sono anche gli altri comuni del versante nord, versante che è naturalmente più esposto alle piogge e dove le pareti dell’Epomeo sono più ripide. Innanzitutto il comune adiacente a Casamicciola, Lacco Ameno e una frazione di Ischia porto. Il fatto che la protezione civile adesso pensi anche a loro è la conferma della fondatezza degli allarmi sullo stato disastroso degli alvei naturali. Allarmi come quello dell’ex sindaco di Casamicciola Giuseppe Conte che anche quattro giorni prima della frana aveva mandato una mail certificata a tutte le autorità, spiegando perché non potevano limitarsi a diramare un’allerta meteo (che effettivamente c’è stata, di livello arancione).

«Questi allarmi prima delle emergenze arrivano a centinaia e arrivano da anni», ha detto ieri a Ischia il sindaco dell’area metropolitana di Napoli, Gaetano Manfredi. Confermando però che il problema sta nella mancata manutenzione dei valloni di scolo. E confermando anche quanto ieri avevamo scritto a proposito del canale ostruito di La Rita che nel caso di straripamento minaccia persino l’unico ospedale dell’isola, i cui lavori appaltati proprio dall’area metropolitana non sono partiti perché in ritardo ci si è accorti che i terreni non sono tutti di proprietà pubblica. «Su uno spezzone di alveo – ha detto – la consegna lavori è stata rinviata di molti mesi perché c’erano molti problemi con i privati proprietari di aree che vi insistono».

ANCHE LA COMMISSARIA del comune (sciolto a gennaio) Simonetta Calcaterra si è difesa, sostenendo di non aver sottovalutato l’allarme, «noi le ordinanze le abbiamo emesse e diffuse», ordinanze che prevedevano però, tradizionalmente, la sola chiusura delle scuole per il giorno successivo, un sabato. La vicenda dell’allarme inascoltato sarà però uno degli aspetti di cui dovrà occuparsi l’inchiesta giudiziaria, ieri anche in procura a Napoli c’è stato un primo vertice tra pm.

Calcaterra ha anche dichiarato di non poter risponder per quello che è accaduto prima, «da quando ci sono io sono stati affidati dei lavori di pulizia di un alveo». Si tratta di quello che è considerato il più pericoloso, perché interamente tappato anche a causa di lavori fatti male in passato, l’alveo di Pozzillo. Sabato scorso è tracimato a valle, trascinando fango e detriti nel giardino di un hotel. Lì però non è stata ancora mossa una pietra, come ha documentato appena venti giorni fa sempre l’ingegner Giuseppe Conte in un video che abbiamo visionato. Risulta invece che ieri mattina, approfittando della disponibilità di molti mezzi meccanici, sia cominciata l’opera di pulizia della cava Sinigallia, la cui ostruzione è responsabile di una parte dell’allagamento, non solo questa volta ma anche in altre due occasioni recenti, di piazza Bagni.

Domani il consiglio dei ministri tornerà a occuparsi di Ischia, innanzitutto definendo finalmente, con alcuni giorni di ritardo, la faccenda del commissario all’emergenza: il parere negativo del presidente della regione De Luca blocca la scelta della stessa Calcaterra. Mentre continuano invano le ricerche dei corpi di tre dispersi, madre e padre della famiglia Monti interamente scomparsa e di un ragazzo, fidanzato della prima vittima accertata. E sembra esserci un’altra dispersa, senza nome. Neanche su questo c’è certezza. Del resto ieri in aula al senato il presidente La Russa, leggendo commosso i nomi delle vittime accertate, ne ha dimenticata una.