Alla vigilia dei test novembrini la classifica di World Rugby collocava Irlanda e Francia ai primi due posti della classifica, seguite da Sudafrica, Nuova Zelanda e Inghilterra. I rapporti di forza tra le Big Five del mondo ovale dopo l’ultimo Sei Nazioni, i tour estivi e il Championship dell’emisfero Sud, erano quelli. Le altre nazioni “nobili” – Australia, Argentina, Scozia e Galles – stavano un po’ più sotto. Da anni la vecchia Europa non era così ben piazzata. Dai test autunnali si attendeva dunque una conferma o un riequilibrio, anzitutto da parte dei neozelandesi e dei sudafricani, entrambi protagonisti, tra molti alti e qualche basso, dell’ultimo Championship. Sabato scorso gli Springboks sono usciti sconfitti (19-16) dal match – furente, intenso, gli aggettivi si sono sprecati – di Dublino contro l’Irlanda. La Nuova Zelanda ha tranquillamente disposto (55-23) di un Galles in piena fase di ripiegamento. Allo Stade Saint Denis la Francia ha beffato l’Australia con un finale arrembante: 30-29 e meta in extremis di Penaud. Dulcis in fundo, l’Argentina ha avuto la meglio dell’Inghilterra al Twickenham per un solo punto (30-29) a Twickenham. Non c’è stato bisogno di citare la mano de dios di Diego Maradona in quel lontano 1986 e nemmeno la guerra delle Falkland per scuotere la “fortezza” fin nelle fondamenta: la sconfitta brucia, è sale sulle ferite e destabilizza il pur granitico orgoglio albionico. Domani il XV della rosa affronta il Giappone in un match che sarà interlocutorio prima dei due fondamentali impegni contro All Blacks e Springboks che chiuderanno la serie autunnale. La tensione sale e le  pessime notizie che giungono dal campionato professionistico inglese, la Premiership, sull’orlo della bancarotta e con due squadre, i Wasps di Coventry e i Worcester Warriors, sospese dalla competizione e sulla strada della liquidazione, non aiutano a rasserenare il clima. 

QUEL CHE E’ CERTO è che Irlanda e Francia escono rinforzate da questo primo weekend. I verdi domani affrontano Figi, avversario ampiamente alla loro portata, mentre i coqs se la vedono con il Sudafrica: partitone attesissimo. Il Galles attende gli argentini a Cardiff e domenica la Scozia ospita gli All Blacks a Murrayfield. Poi c’è l’Italia, che ospita l’Australia a Firenze. Calcio d’inizio alle 14:00. I Wallabies sono una squadra che gli azzurri non sono mai riusciti a battere. Qualche volta ci sono andati vicino ma la vittoria è sempre sfuggita, anche quando pareva alla portata. Il rugby australiano è “strano”: laggiù le simpatie del pubblico vanno anzitutto al Rugby League, che si gioca in 13, e all’Australian Football, meglio noto come aussie rules, che è una versione pazza e spettacolare di qualcosa che si avvicina molto al rugby ma che rugby non è bensì una biodiversità. Due volte campioni del mondo, grandi giocatori, periodi di crisi nera, resurrezioni improvvise. Sabato scorso i Wallabies hanno giocato bene per tutta la prima parte del match, poi si sono fatti fregare dal ritorno dei padroni di casa. Il tempo dei David Campese, di Mark Ella, John Eales e George Gregan sembrano lontani, però sono sempre capaci di estrarre dal cilindro piccoli prodigi e gesti portentosi. Coach Dave Rennie ha annunciato ben 11 cambi rispetto alla sconfitta di Parigi. Forse un azzardo: vedremo. 

L’Italia, lo sapete, ha nettamente sconfitto Samoa sabato scorso a Padova. Sei mete segnate, tre incassate. La notizia sono le sei realizzate, quelle subite no, soprattutto le due del finale di gara: distrazioni, amnesie, rilassamenti. Kieran Crowley avrà sicuramente lavorato su tutto questo nel corso della settimana e continuerà farlo; intanto si gode i miglioramenti, che ci sono. Domani si sale di livello, si passa dal “match che bisogna vincere” al match che “si può provare a vincere” se si creano alcune condizioni e se tutta la squadra azzurra sarà in grado di giocare al massimo delle sue possibilità