Stasera alle otto la nazionale iraniana sfiderà la squadra statunitense nei mondiali di calcio del Qatar. Dopo aver perso 6 a 2 contro l’Inghilterra nella prima partita del 21 novembre, il tecnico della nazionale iraniana Carlos Queiroz ha detto: «Non potete nemmeno immaginare che cosa stanno vivendo negli ultimi giorni i miei ragazzi, solo per aver voluto esprimersi come atleti». La seconda partita del 25 novembre è andata meglio: il 2 a zero contro il Galles pare sia servito a liberare 709 detenuti da diverse prigioni del Paese, così ha reso noto il sito della magistratura di Teheran. La partita che conta più di tutte sarà quella di questa sera, come lo era stato il 21 giugno 1998 nei mondiali di Francia il match Iran-Usa: a Lione, la squadra iraniana aveva vinto 2 a 1 e gli americani se ne erano dovuti tornare a casa.

IN QUESTE SETTIMANE l’allenatore portoghese Queiroz ha accompagnato la squadra iraniana attraverso un percorso minato. Prima della partenza per Doha i suoi giocatori sono stati convocati dal presidente della Repubblica islamica Ebrahim Raisi, a cui si sono dovuti inchinare. Un gesto che hanno pagato caro, perché tante tifose e tanti tifosi li hanno giudicati «vigliacchi». E non li hanno perdonati quando, nella prima partita contro l’Inghilterra, si sono astenuti dal cantare l’inno nazionale. Eppure, quel loro silenzio ha fatto il giro del mondo perché non c’è palcoscenico più grande dei mondiali di calcio, seguiti da quattro miliardi di telespettatori. Nella seconda partita, contro il Galles, hanno subito parecchie pressioni e alla fine hanno intonato l’inno nazionale, senza entusiasmo.

CHE COSA RISCHIANO i calciatori iraniani? Qualsiasi cosa facciano, sanno di sbagliare. Se non cantano l’inno nazionale, e quindi esprimono dissenso, rischiano il carcere e l’esproprio dei beni di famiglia. Ali Daei, che gioca nel Bayern Monaco, è stato minacciato dopo aver espresso il proprio appoggio ai dimostranti. Il curdo Voria Ghafouri, originario di Sanandaj e da sempre critico nei confronti del regime, non fa parte della nazionale e quindi non è a Doha, ma è stato arrestato con l’accusa di «propaganda contro lo Stato» e solo domenica è stato finalmente rilasciato su cauzione. Come se non bastasse la repressione del regime di Teheran, i calciatori iraniani potrebbero essere sospesi dalla Fifa per aver fatto gesti politici.

STASERA potrebbero fare finta di niente e giocare la loro partita, come se in Iran non stesse succedendo nulla? Potrebbero ignorare gli oltre 445 morti, di cui almeno 63 sono minorenni? A due mesi e mezzo dalla morte di Mahsa Amini, diventa sempre più difficile astenersi dal prendere posizione. A dire no al regime sono stati altri atleti, pensiamo a Elnaz Rekabi, la campionessa di arrampicata che a Seul ha gareggiato senza velo. E tantissime persone del mondo dello spettacolo, rapper, registe e attrici incluse. In ogni caso, a prendere posizione è stato il ct Queiroz: è riuscito a tenere testa ad ayatollah e pasdaran che avrebbero voluto l’esclusione dell’attaccante Sardar Aznoun che appartiene alla minoranza sunnita dell’Iran, in questi mesi è stato critico nei confronti del regime e attivo sui social a favore dei manifestanti che da oltre due mesi animano le proteste innescate dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini.

IL TEAM-E MELLI (così si chiama la nazionale iraniana) ha sempre unito le diverse anime dell’Iran, in patria e nella diaspora. Oggi, invece, la squadra è espressione delle divisioni che lacerano gli iraniani. Gli stessi giocatori sono allineati su posizioni diverse, contro e pro-regime. Tra coloro che sfidano il potere costituito vi sono Sardar Aznoun e Ali Karimi, che giocano rispettivamente nel Bayer Leverkusen e nel Bayern Monaco. A sostenere la Repubblica islamica sono invece Mehdi Torabi e Vahid Amiri, a cui sono stati rivolti insulti dagli spalti. Stasera, tra i tifosi iraniani allo stadio Al Thumama di Doha ci saranno però anche tanti pasdaran (le guardie rivoluzionarie fedelissime all’ideologia khomeinista) e basiji (i paramilitari). Pare si siano aggiudicati una vacanza premio in Qatar, con l’obiettivo di tenere sotto controllo i tifosi e fare pressione sul Team-e Melli.