Iran, il colpo in canna è italiano
Made in Italy Le cartucce dell’italo-francese Cheddite, fatte tra Livorno e Bourg-lès-Valence, usate a Tehran e in altre città per sparare sulle proteste. Come già in Myanmar e Siria. Nonostante l’embargo
Made in Italy Le cartucce dell’italo-francese Cheddite, fatte tra Livorno e Bourg-lès-Valence, usate a Tehran e in altre città per sparare sulle proteste. Come già in Myanmar e Siria. Nonostante l’embargo
Un servizio del team investigativo The Observers dell’emittente televisiva internazionale France 24 «ha trovato prove che le cartucce per fucili prodotte dall’italo-francese Cheddite sono state utilizzate nella repressione delle proteste in Iran», confermando così le risultanze di un’inchiesta su quella società che il nostro quotidiano sta conducendo a più riprese dal marzo 2021. I giornalisti della tv francese hanno ottenuto dagli iraniani oltre 100 foto e video delle munizioni esaurite recuperate dopo le proteste scoppiate in seguito alla morte per mano della polizia della 22enne Mahsa Amini il 16 settembre, e represse nel sangue dalle forze di sicurezza iraniane.
NELLE FOTOGRAFIE inviate da cittadini e attivisti iraniani, pubblicate da France 24, tredici cartucce rinvenute a terra dopo le manifestazioni nelle città di Teheran, Yazd, Shiraz, Karaj, Rasht, Sanandaj e Kamyaran sono a marchio Cheddite, tra i più grandi produttori al mondo di questo tipo di munizioni con sedi operative a Livorno e Bourg-lès-Valence (Francia). Circostanza confermata anche dagli esperti in materia interpellati dalla tv. Le foto di 10 cartucce del produttore italo-francese sono state inviate ai giornalisti dell’emittente televisiva da 1500Tasvir, un gruppo di attivisti sceso in campo per documentare le proteste. Ma quelle di altre tre provengono direttamente dagli iraniani scesi in piazza.
«UN MANIFESTANTE ha inviato le fotografie di una cartuccia che ha recuperato nella città centrale di Yazd, dopo che le forze di sicurezza hanno sparato su di lui e altri dimostranti il 28 settembre. Sulla base della munizione è inciso “Cheddite 12” sulla base e “Shahin 2017/24” sull’involucro in plastica verde», riporta il servizio di France 24/The Observer. Un altro partecipante alle proteste «ha inviato fotografie di una cartuccia recuperata nella capitale Teheran il 3 ottobre, dopo che le forze di sicurezza hanno sparato contro i manifestanti. La cartuccia presenta il logo Cheddite “12*12*12*12*” e una custodia di plastica gialla con la scritta “Iran 2020/01”».
Ci sono poi le immagini di «un residente di Mahabad», che mostrano «una cartuccia recuperata dopo che le forze di sicurezza hanno usato fucili per reprimere una protesta il 29 ottobre». In questo caso, l’involucro di plastica verde della cartuccia che contiene i pallini «non aveva scritte», mentre «il logo presentava sulla base il “12*12*12*12*” della Cheddite».
L’AZIENDA franco-italiana «è l’unico produttore noto a utilizzare quella sigla», denunciano ancora i giornalisti di France 24. Un membro della milizia iraniana Basij, «che si è occupato della repressione di queste proteste», ha dichiarato all’emittente televisiva che «l’equipaggiamento standard della sua unità per i fucili sono cartucce a marchio Maham», aggiungendo però che «hanno anche ricevuto cartucce da caccia da usare non contrassegnate, piene di pallini di metallo, che causano “piccole ferite dappertutto” sui corpi delle vittime». Come da almeno oltre un mese mostrano le fotografie che circolano in Rete dei manifestanti sui quali sono state sparate.
LE CARTUCCE da caccia Cheddite vengono utilizzate per la caccia nel Paese degli ayatollah «almeno dal 2011», in «apparente violazione delle sanzioni dell’Ue entrate in vigore quell’anno». Il regolamento del Consiglio dell’Unione europea n. 359/2011, approvato il 12 aprile 2011, «vieta infatti l’esportazione, diretta o indiretta, di attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna» in Iran, comprese «armi da fuoco, munizioni e relativi accessori». Cinque esperti di sanzioni hanno dichiarato a France 24 che tale il divieto si estende anche alle cartucce per fucili e ai loro componenti, indipendentemente dall’uso previsto o dalla catena di vendita adoperata.
A PARTIRE dal marzo 2021, un mese dopo colpo di Stato messo a segno dai militari in Myanmar, questo quotidiano aveva dato conto delle cartucce da caccia della Cheddite trovate dai manifestanti birmani in seguito alle proteste pro-democrazia. Una di queste era stata sparata persino contro un’ambulanza intenta a portar via i feriti.
Nei mesi successivi, il manifesto ricostruì anche il possibile percorso che avevano fatto grazie ad una triangolazione con un Paese terzo: in testa ai sospetti la Turchia della Yavascalar YAF (con cui la ditta franco-italiana era in affari), seguita dalla Thailandia. Come confermò in seguito anche il precedente governo Draghi, grazie all’acquisizione da parte delle forze dell’ordine di documenti nella sede della Cheddite a Livorno. «Le forze di sicurezza iraniane usano fucili di fabbricazione turca e gli esperti di sanzioni affermano che la Turchia è nota come punto di riferimento per evitare gli embarghi sulle armi», dice ora France 24. Aggiungendo inoltre che, da quando nel 2011 sono entrate in vigore le sanzioni dell’Ue sulle attrezzature impiegabili per la repressione interna dal 2011, la Turchia ha esportato in Iran cartucce per fucili da caccia per un valore di circa 7 milioni di euro (dati Onu). Mentre l’Italia, nello stesso arco temporale, per ben 85,8 milioni di euro. Cartucce YAF turca/Cheddite erano state precedentemente rinvenute anche durante la guerra in Siria.
LA DITTA franco-italiana allora preferì non rispondere alle domande del manifesto, come anche a quelle rivoltegli ora da France 24. La quale oltre alla sede di Livorno ha contattato anche quella transalpina di Bourg-lès-Valence. Bocche cucite con entrambe le testate anche in Turchia. Foto di munizioni da caccia di produzione italiana calibro 12, stavolta della Rc Eximport di Forlì, sarebbero poi state trovate durante la repressione di manifestazioni nella capitale thailandese da parte del governo militare al potere. Il tutto in un Paese dove, a differenza dell’Iran o della stessa Turchia, la caccia è poco diffusa. A pubblicarle, il 10 agosto 2021, la corrispondente da Bangkok del network asiatico Channel News Asia (Cna), May Wong.
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