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Infermieri: tra i meno pagati d’Europa, ne servono 70mila per le strutture del Pnrr

Infermieri: tra i meno pagati d’Europa, ne servono 70mila per le strutture del PnrrOspedale di Padova – Ansa

La critica del Forum delle Società scientifiche: «Ospedali di comunità concepiti in modo obsoleto e inadeguato» Il Servizio sanitario nazionale è allo stremo: in venti anni sono stati chiusi 300 nosocomi con 80mila posti letto persi e, dal 2007 a oggi, 50mila unità di personale in meno

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 maggio 2022

Sono quasi 460mila gli infermieri in Italia ma solo 395mila sono attivi, il 78% donne. Sono i meno pagati d’Europa (solo Grecia ed Estonia fanno peggio): i 27.382 euro annui di media sono lontani dai 32.092 della Francia, i 34.212 della Spagna e i 45mila della Germania. Secondo il centro di ricerche Cergas della Bocconi, mancano all’appello 70mila infermieri per coprire il fabbisogno una volta messo a regime l’investimento del Pnrr sulla sanità territoriale (il cosiddetto dm 71). Sono ancora studi internazionali a ipotizzare che con un rapporto di un infermiere ogni sei pazienti potrebbero essere evitate 3.500 morti l’anno. La media italiana è di 1 a 11.

In occasione, ieri, della giornata internazionale dedicata alla professione, la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, ha spiegato: «Abbiamo avvisato che stavamo formando pochi infermieri ma la situazione era ‘drogata’ dalle regole di sistema pre pandemia: il blocco del turnover, i vincoli al tetto della spesa per il personale, molte regioni in piano di rientro. Con il Covid il Servizio sanitario nazionale ha assunto circa 30mila infermieri ma sono arrivati dal settore socio-assistenziale. Il governo intervenga sui numeri, sulla formazione e sul riconoscimento professionale».

La Sanità soffre per la carenza di personale. La Federazione Cimo-Fesmed sottolinea un dato: «Non è vero che i Pronto soccorso sono presi d’assalto. O, almeno, non più del solito». In base ai dati Agenas, solo in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige e Toscana ci sono stati più accessi rispetto al pre Covid: «Nelle regioni al centro delle cronache la differenza di ingressi in Ps tra 2022, 2018 e 2019 è negativa: in Campania il 9 maggio 2022 ci sono stati 1.677 accessi in meno rispetto al 2019 e 1.780 in meno rispetto al 2018; in Piemonte il 10 aprile ci sono stati 4.424 accessi in meno rispetto al 2019 e 4.779 rispetto al 2018; il 9 maggio il Lazio ha registrato 610 accessi in meno rispetto al 2019 e 776 in meno rispetto al 2018. Quelle denunciate negli ultimi giorni sono situazioni intollerabili ma all’ordine del giorno in tutta Italia da anni, frutto di tagli irrazionali a posti letto, strutture e professionisti».

A bloccare i ricoveri dei pazienti arrivati nei Ps è anche il ritardo con cui i reparti Covid vengono riportati alle funzioni ordinarie ma la coperta resta comunque corta perché i nosocomi sono stati svuotati per almeno due decenni. «I Pronto soccorso sono la cartina di tornasole della crisi degli ospedali. I posti di degenza ordinaria e di terapia intensiva sono insufficienti, non raggiunge livelli accettabili nemmeno il personale specialistico, soprattutto in aree come la medicina d’urgenza, la terapia intensiva, l’anestesia e rianimazione». La denuncia è del Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari. In 20 anni sono stati chiusi 300 ospedali con 80mila posti letto in meno e, dal 2007 ad oggi, perse 50mila unità di personale. Forti dubbi anche sugli ospedali di comunità previsti dal Pnrr: «Per come sono stati concepiti rientrano in una concezione obsoleta, inadeguata a far fronte alle domande di Salute». Al ministero hanno già presentato proposte per modificare il dm 71 e anche il dm 70 (la riforma ospedaliera del 2015).

«Va ripensato il ruolo degli ospedali – sottolineano le società scientifiche – all’interno di un nuovo modello di cura più utile al cittadino». Gli specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila in meno della Germania, 43mila in meno della Francia. Il numero di posti letto ordinari è molto più basso rispetto alla media europea (314 rispetto a 500 per 100mila abitanti) e colloca l’Italia al 22esimo posto in Ue. Terapia intensiva: pre Covid si contavano 8,6 posti ogni 100mila abitanti, con l’emergenza sono saliti a 14 ma solo una parte è utilizzabile (manca il personale); in Germania la media è di 33. «Questi dati – concludono – sono la dimostrazione che il dm 70 è sbagliato, sbagliata la contrapposizione ospedale territorio».

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