A fine settembre, la Corte suprema di Nuova Delhi ha esteso il diritto all’aborto anche alle donne single, che potranno ora abortire entro le 24 settimane di gravidanza. Fino a questo momento, solo le donne sposate, divorziate, vedove, minori, vittime di stupro, incesto o mentalmente instabili, potevano interrompere la gravidanza entro la 24esima settimana. Per le donne single invece, il termine massimo era fissato a 20 settimane.

IN INDIA l’aborto è legale dal 1971 con l’introduzione del Medical Termination Pregnancy Act, il quale permetteva di abortire solamente in tre casi: in presenza di gravi patologie o malformazioni del feto, in caso di stupro, o se la gravidanza avesse recato danno fisico e psicologico alla gestante. Inoltre, per le donne sposate, l’aborto era consentito alle famiglie in stato di povertà con già 2/3 figli a carico, o di fronte al fallimento del metodo contraccettivo. Nel 2021, la legge aveva subito una prima modifica che ha esteso a determinate categorie – donne divorziate, vedove, minori, vittime di stupro, incesto o mentalmente instabili – la possibilità di interrompere la gravidanza. Sempre nel 2021, per tutte queste categorie tranne che per le donne single, si era esteso il limite per abortire da 20 a 24 settimane.
La decisione della Corte Suprema di includere le donne single nella lista, fissando il limite a 24 settimane per tutte, è dovuta all’appello di una ragazza di 25 anni lo scorso luglio. La donna, incinta di 23 settimane, non sposata ma in una relazione consensuale, si era presentata all’Alta Corte di Delhi chiedendo di poter abortire oltre il limite previsto dalla legge. Ha spiegato di essere rimasta incinta ma che il proprio partner aveva rifiutato di sposarla: la nascita del bambino al di fuori del matrimonio, ha dichiarato, le avrebbe procurato seri danni psicologici, e soprattutto a livello sociale. Dopo che l’Alta Corte ha respinto la sua richiesta, il caso è stato riesaminato dalla Corte suprema che nello stesso mese ha accordato alla giovane il diritto di interrompere la gravidanza, modificando così la legge vigente ed estendendo il periodo dalle 20 alle 24 settimane anche per le donne single, o in una relazione al di fuori del matrimonio.

NEL COMMENTARE le recenti modifiche al Medical Termination Pregnancy Act, il giudice ha sottolineato che la nuova legge si applica anche ai casi di stupro coniugale. Tuttavia, secondo una legge introdotta in India dagli inglesi nel 1860, la quale afferma che l’uomo non può essere accusato di stupro nei confronti della moglie se i due sono legati dal vincolo matrimoniale, l’aggressione sessuale da parte del marito non è considerata stupro. A tal proposito, il dibattito si è riacceso proprio lo scorso maggio, quando alcuni membri della Corte suprema hanno espresso ancora una volta la volontà di modificare la legge coloniale, che la stessa Inghilterra ha abolito nel 1991.
Ma in India influenti membri della Corte suprema, nonché un’ingente fetta della popolazione e vari gruppi religiosi, continuano ad essere contrari alla soppressione e alla modifica di questo antico emendamento: sostengono che riconoscere lo stupro coniugale come un reato avrebbe sicuramente un effetto destabilizzante per la sacra istituzione matrimoniale, incoraggiando le donne ad accusare e condannare ingiustamente i propri mariti.
L’India, pur concedendo l’aborto terapeutico sotto specifiche condizioni, mantiene il divieto all’interruzione volontaria di gravidanza. E non è la sola. ln Pakistan, l’aborto è consentito solo per motivi sanitari e terapeutici, mentre in Bangladesh, Sri Lanka e Myanmar è legale se la donna è in pericolo di vita. Dal 2018, in Nepal è possibile abortire volontariamente entro le 12 settimane, mentre in caso di incesto, stupro o altre ragioni legate alla salute psicofisica della gestante il termine è fissato a 28 settimane.