Cultura

Indagine semiseria sull’intelligenza artificiale

Indagine semiseria sull’intelligenza artificiale

Scaffale «Osvaldo, l’algoritmo di Dio», il nuovo romanzo di Renato de Rosa, per Carbonio. Seppure davvero esilarante in alcuni momenti, il testo riflette e spinge a riflettere su diversi argomenti assolutamente non secondari. Si va dal potere nelle università e nei centri di ricerca, alle implicazioni sociali di giochi come il bridge e gli scacchi, dal libero arbitrio a che cos’è e come funziona l’intelligenza artificiale e quella semplicemente umana che sempre più sembra corrispondere a una definizione di un bel po’ di tempo fa: «L’intelligenza è uno strumento - e questo strumento è finito in mano agli stupidi»

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 17 settembre 2020

Immaginate che un ricercatore si trovi all’improvviso di fronte all’oggetto della propria ricerca. Ad esempio uno che ha passato la vita a cercare di provare l’esistenza del mostro di Loch Ness o dello yeti e si trovi all’improvviso di fronte il mostro o il bestione dell’Himalaya. O meglio ancora, che un filosofo intento a riflettere sull’esistenza o meno di Dio si trovi all’improvviso davanti l’Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra che gli rivolge la parola. Ecco è proprio qualcosa del genere che accade al protagonista e ai suoi compagni all’interno di Osvaldo, l’algoritmo di Dio, il nuovo romanzo di Renato de Rosa (Carbonio, pp. 234, euro 16,50).

TUTTO HA INIZIO quando gli appartenenti a un gruppo di ricerca sull’intelligenza artificiale entrano casualmente in contatto con uno strano sito, dove, ponendo una domanda con due risposte possibili, ti viene indicata quella che dovrebbe essere la risposta migliore. Il sito si chiama «tidounconsiglio.com», ma è stato soprannominato affettuosamente Osvaldo, da Elisa, la ricercatrice che l’ha scoperto. I cinque ricercatori, inizialmente per gioco, iniziano a chiedere consigli al programma, facendolo provare anche a persone vicine. E ben presto si rendono conto di trovarsi di fronte qualcosa di inspiegabile, dato che i consigli risultano essere sempre i migliori possibili, qualunque sia la domanda posta.

Escluso, dunque, sia che si tratti di risposte casuali, sia, data la rapidità nel rispondere, del lavoro di un’equipe umana, a poco a poco, tra loro, esperti della materia, si fa strada l’idea che si tratti di un’intelligenza artificiale di livello avanzatissimo. Si ritrovano, allora, a coinvolgere il professore a capo del loro progetto, tipica figura di barone universitario, con cui, tra l’altro, Osvaldo ha dei comportamenti a dir poco inquietanti. La vicenda è tutta narrata in prima persona da Dario, uno dei ricercatori, amante e praticante sia del gioco degli scacchi che del bridge. E, tra rimandi che spaziano da Alan Turing a Douglas R. Hofstadter – a tale proposito Tumbolia «il luogo ipotetico dove vanno a finire le lampadine fulminate e i singhiozzi soffocati» nell’edizione italiana di Gödel, Escher, Bach: un’eterna Ghirlanda Brillante si chiama Tumbolandia – a Lucio Battisti, la storia va avanti, coinvolgendo sempre di più il lettore.

Libro davvero divertente e allo stesso tempo avvincente, grazie anche a uno stile agile e veloce, Osvaldo, l’algoritmo di Dio presenta tutta una serie di personaggi ben delineati, primi fra tutti probabilmente Massimiliano, l’amico e spesso partner a bridge del protagonista, e Vito ricercatore taciturno e dagli interessi più vari. Dialoghi ben costruiti, caratteri vividi, situazioni divertenti rendono davvero piacevole la lettura.

NON BISOGNA PENSARE, però, che si tratti di un testo di puro entertainment. Seppure davvero esilarante in alcuni momenti, il romanzo di Renato de Rosa riflette e spinge a riflettere su diversi argomenti assolutamente non secondari. Si va dal potere nelle università e nei centri di ricerca, alle implicazioni sociali di giochi come il bridge e gli scacchi, dal libero arbitrio a che cos’è e come funziona l’intelligenza artificiale e quella semplicemente umana che sempre più sembra corrispondere a una definizione di un bel po’ di tempo fa: «L’intelligenza è uno strumento – e questo strumento è finito in mano agli stupidi».

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