Lavoro

In Spagna i riders di Deliveroo sono lavoratori

In Spagna i riders di Deliveroo sono lavoratoriVictor Sanchez, il rider che ha vinto la causa contro Deliveroo

Gig Economy in Europa Il tribunale sociale di Valencia riconosce quello che il tribunale del lavoro di Torino ha negato: i ciclo-fattorini sono "falsi lavoratori autonomi". Una sentenza che può cambiare l'economia dei "lavoretti" nel paese iberico

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 giugno 2018

Quello che è stato negato dal tribunale di Torino ai «riders» di Foodora è stato riconosciuto in Spagna a quelli di Deliveroo. Un Tribunale sociale di Valencia ha dato ragione al rider Victor Sanchez e ha deciso che è un «falso lavoratore autonomo». Per il tribunale il rider è un dipendente e ha condannato la società per licenziamento illegittimo, obbligandola a riassumerlo o a indennizzarlo. È la prima sentenza di questo tipo in Spagna.

La sentenza era molto attesa da sindacati come l’Intersindical Valenciana che hanno intentato un’altra causa collettiva che potrebbe indicare il modo di relazionarsi tra la multinazionale e i suoi distributori. A Barcellona ci sono altri 16 casi di riders che hanno denunciato la multinazionale. I processi sono iniziati due settimane fa.

In futuro la sentenza di Valencia potrebbe trasformare i ciclofattorini di Deliveroo in dipendenti, sottraendosi alla strategia di declassificazione e camuffamento del rapporto di lavoro a cui li costringe la piattaforma. Saranno così sollevati dal pagare i contributi non pagati in precedenza dal datore di lavoro occasionale. Nel caso di Valencia e solo per l’azione collettiva – ancora in corso – ammontano a 170 mila euro.

Deliveroo non ha annunciato al momento l’appello contro la sentenza, ma dovrà farlo entro cinque giorni lavorativi dalla notifica.

Sembra comunque che la piattaforma continuerà a lavorare secondo il metodo consolidato. Il caso di Sanchez è considerato nella sua singolarità e, si sostiene, che non rappresenti il modo in cui oggi i riders “collaborano” con Deliveroo. Il ragionamento è tutto centrato sulla “flessibilità” del lavoratore, inquadrato come un “lavoratore autonomo” che si paga i contributi e, in cambio, riceve un’assicurazione.

Da poco Deliveroo ha stipulato una polizza assicurativa con Qover che garantisce la copertura in caso di infortuni e danni a terzi durante l’attività, massimali più elevati, un rimborso in caso di inattività temporanea del riders a seguito di sinistro, a prescindere dal veicolo utilizzato per svolgere le consegne. La polizza coprirà tutti i “fattorini” connessi all’applicazione, inclusa l’ora successiva al log-off, il momento in cui il rider torna a casa.

Il punto è trasportare questo tipo di rapporto – siglato con un terzo privato – all’interno di un rapporto di lavoro che rispecchi più propriamente la natura della prestazione nel corso della sua esecuzione che è, a tutti gli effetti, parasubordinata.

Questa specificità è confermata dalla sentenza che spiega in cosa consiste un lavoro di piattaforma: per essere considerato lavoro, un servizio deve essere fornito “nell’ambito dell’organizzazione e della gestione di un’altra persona che lo paga”. Ciò non implica che il lavoratore “sia soggetto a una giornata lavorativa predeterminata, né a un orario fisso, né all’esclusività del suo compito”. Per il giudice spagnolo l’azienda è quella che decide nell’area in cui il lavoratore deve distribuire e stabilisce anche le fasce orarie, che -anche se il fattorino si offre di distribuire in alcune di esse in particolare – alla fine l’azienda distribuisce tra i riders.

Sul suo blog Adrián Tolodí, professore di diritto del lavoro all’Università di Valencia, ritiene che “le argomentazioni del giudice sono abbastanza generali per vedere una somiglianza per il resto dei lavoratori”. Todolí sottolinea che i lavoratori sono “il volto di Deliveroo” davanti ai clienti e ciò ha portato il giudice a decidere che il rider che ha presentato la denuncia è un lavoratore.

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