Più che laboratorio politico, la Sicilia in queste ore si sta rivelando una maionese impazzita. Con il centrodestra in preda a una faida di tale portata da strappare un sorriso a Enrico Letta, sbarcato ieri a Palermo per dare una mano al candidato sindaco giallorosso Franco Miceli.

Tra regionali e comunali a destra è in corso una guerra per bande che ha, come primo effetto collaterale, la curiosa alleanza tra Matteo Renzi e Giorgia Meloni. I candidati di Iv e di Fratelli d’Italia (Davide Farone e Carolina Varchi) si sono ritirati, ed entrambi i partiti ora sostengono l’ex rettore (ed ex assessore della giunta regionale di Musumeci) Francesco Lagalla, lanciato dall’Udc. Con Lagalla anche la nuova Dc dell’ex governatore Totò Cuffaro e il presidente della Regione in carica Nello Musumeci, con la sua formazione «Diventerà bellissima».

A destra Forza Italia e Lega si presentano alle comunali palermitane con il loro ticket, composto dal forzista Francesco Cascio e dall’assessore regionale leghista Alberto Samonà, con la benedizione del vicerè forzista Gianfranco Miccichè, storico nemico di Musumeci, da mesi in rotta di collisione con Fdi per il suo fermissimo no alla ricandidatura del governatore alle regionali d’autunno.

Da mesi Giorgia Meloni chiede ai cosiddetti alleati di confermare Musumeci. E minaccia sconquassi a tutti i livelli, dalla Lombardia (dove Meloni potrebbe dire no al bis di Fontana o a un altro leghista) fino a Palermo. Dove ai renziani è stato chiesto di mascherarsi dentro una lista civica (come a Genova) per evitare a Giorgia l’imbarazzo di vedere il suo simbolo accanto a quello dell’ex rottamatore fiorentino. «È la Meloni che ha deciso di convergere su Lagalla dopo di noi, non possiamo essere noi ad andarcene», sospirano i renziani siciliani.

Uno spettacolo che non dispiace al leader Pd. «Il governo Musumeci fa schifo: non lo diciamo solo noi ma anche metà del centrodestra. La nostra credibilità di porci come alternativa in questo momento è fortissima», ha detto ieri, suscitando l’ira del governatore: «Quando, a giugno, gli amministratori di sinistra saranno spazzati via anche da Palermo, Letta si pentirà di aver usato toni indegni per un presunto leader moderato». Controreplica il segretario dem: «La sua giunta è davvero indifendibile».

Musumeci dice di contare ancora sulla ricomposizione del centrodestra, e s’affida alla sua leader: «Correre da solo? Ho affidato a Meloni la soluzione del problema siciliano». Miccichè lo gela: «Adesso alle regionali è liberi tutti. FdI ha utilizzato Palermo come merce di scambio e Palermo non è merce di scambio». Solo un intervento di Berlusconi potrebbe mettere pace a destra, ma ormai è assai complicato.

Letta prova a dare la carica ai suoi: «Strapperemo la presidenza della Regione alla peggiore giunta che la Sicilia abbia mai avuto». Tra i papabili c’è Claudio Fava, già candidato nel 2017 da un fronte di sinistra (aveva preso il 6%) mentre il Pd (allora guidato da Renzi) aveva puntato su Fabrizio Micari, fermandosi al 18%. I dem spingono sull’europarlamentare Caterina Chinnici, in casa 5 stelle vorrebbero correre Giancarlo Cancelleri e Dino Giarrusso. La soluzione si troverà con primarie miste (gazebo e online) all’inizio di luglio.

A giugno la sfida delle comunali. Letta è arrivato ieri a Palermo, oggi parteciperà alla cerimonia per il 40esimo anniversario dell’assassinio mafioso del segretario del Pci siciliano Pio La Torre. Miceli, che ha scelto come slogan «Sarò Franco», gioca in una posizione intermedia tra la continuità con le giunte di Leoluca Orlando (di cui ha fatto parte negli anni Novanta) e la necessità di voltare pagina. Prova ne è la polemica sulla gestione dei cimiteri: «Una vergogna le bare accatastate in attesa di sepoltura», ha detto Miceli. «Demagogia», ha replicato l’assessore Toni Sala.

«Bisognerà cambiare tante cose, soprattutto il modo di governare la città, ancora troppo legato a schemi del passato», spiega ancora il candidato-architetto. «Dobbiamo cambiare passo, e ciò è dimostrato dal fatto che nella mia lista ci sono figure critiche rispetto alla precedente amministrazione». «Sono un fan di Miceli», sintetizza il leader del Pd.