Una giornata ancora tesa quella di ieri in Senegal – con l’Assemblea nazionale presidiata dalle Forze di sicurezza e scontri in tutta la zona del parlamento – dove i deputati hanno esaminato il disegno di legge (non ancora votato al momento in cui andiamo in stampa, ma con un risultato probabilmente favorevole) che rinvia il voto delle presidenziali come annunciato questo sabato dal capo dello Stato, Macky Sall. Una plenaria molto accesa – con le opposizioni in rivolta contro un «golpe istituzionale» – che ha discusso due articoli cruciali della legge: una deroga che rinvierebbe le elezioni di 6 mesi, al 25 agosto; e un secondo articolo che concede a Sall di restare presidente fino alla nomina del suo successore.

Sabato il presidente senegalese ha comunicato di aver firmato «un decreto di sospensione delle elezioni previste per il 25 febbraio», a poche ore dall’apertura della campagna elettorale. Un «campanello d’allarme», secondo le opposizioni, con una decisione considerata storicamente «illegittima», visto che dal 1963 nessuna elezione è mai stata rinviata.

IL CLIMA ELETTORALE era diventato già rovente dopo l’esclusione di due candidati di peso: Ousmane Sonko – candidato “antisistema” favorito – ineleggibile per una condanna a sei mesi per diffamazione e Karim Wade, leader del Partito democratico senegalese (Pds), rimosso dalla lista per non aver rinunciato in tempo alla cittadinanza francese.

Il rinvio è legato a un accordo tra la maggioranza, schierata con Sall, e gli esponenti del partito di Wade che hanno spinto per l’approvazione di un disegno di legge per «ottenere un rinvio delle elezioni». Una decisione che si aggiunge alla nomina di una «commissione parlamentare d’inchiesta», dopo le accuse di «corruzione» da parte di Wade nei confronti di due magistrati e di «collusione nel processo di selezione» contro Amadou Ba, primo ministro e candidato scelto da Sall per la sua successione.

DIVERSI CANDIDATI si sono, però, dichiarati contrari al rinvio, giustificato solo «dalla paura della maggioranza di perdere le elezioni». L’ex sindaco di Dakar, Khalifa Sall, ha espresso la sua «categorica opposizione», precisando che il mancato rispetto del calendario repubblicano apre la strada a un’instabilità politica senza precedenti, gettando il Senegal in un «periodo di incertezza con conseguenze disastrose e nuove tensioni».

Ovvero violenze e disordini che fatalmente hanno avuto inizio nella giornata di domenica, quando le forze di sicurezza hanno vietato con la forza qualsiasi assembramento e protesta per evitare nuovi scontri come quelli dello scorso giugno che causarono 50 morti e centinaia di arresti. Con il passare delle ore la tensione è aumentata e ai gas lacrimogeni hanno risposto lanci di pietre, penumatici bruciati e violenze in numerose città del paese: Dakar, Thiès, Mbour e Louga.

Oltre al divieto di «manifestare nel paese», il governo ha arrestato domenica centinaia di attivisti e alcuni candidati – tra cui l’ex prima ministra Aminata Touré e Anta Babacar Ngom successivamente rilasciate – e ha ordinato l’interruzione di internet e la chiusura di alcune emittenti per «incitamento alla violenza».

«IL SEGNALE È CHIARO: non sono tollerate proteste contro questa decisione illegittima» ha indicato in un comunicato il movimento F24 – nato contro la possibile candidatura per un terzo mandato di Sall – pronto a impugnare il decreto che annulla il voto davanti alla Corte suprema.

La Comunità Economica dell’Africa occidentale (Cedeao), l’Unione Africana e l’Unione Europea hanno espresso «preoccupazione per il rinvio», invitando tutte le parti a «a lavorare, in un clima pacifico, per tenere elezioni trasparenti, inclusive e credibili», con l’obiettivo di preservare la lunga tradizione di stabilità e democrazia in Senegal.