Gianni Ferrara apparteneva alla categoria dei giuristi capaci di mantenere saldo il rigore del metodo pur nella consapevolezza – manifestata ampiamente nei suoi scritti – dei profondi legami tra il diritto, l’economia ed i rapporti sociali e politici. Il continuo e vigile controllo sui confini e sui legami tra politica e istituzioni gli ha consentito di svolgere in modo ineccepibile, durante la sua lunga e operosa esistenza, sia il ruolo di costituzionalista scientificamente fedele al dato positivo, sia quello di parlamentare, animato da calda passione civile, anche aspro nelle sue polemiche, ma sempre rispettoso del pluralismo delle idee e delle culture.

Non gli è stata difficile questa simbiosi, giacché la sua opzione intellettuale e morale è stata, sin dalla gioventù, lo studio, la difesa e l’attuazione dei princìpi costituzionali. Non a caso la rivista da Lui fondata e diretta per molti anni ha preso il nome di “Costituzionalismo”, che racchiude in sé il proposito della gelosa custodia dei valori di civiltà che stanno alla base di quei princìpi e l’intento di affrontare, senza timidezze, le battaglie necessarie per la loro attuazione.

Non si nascondeva dietro un tremebondo neutralismo. Per questo motivo, specie negli ultimi tempi, esprimeva, nei suoi limpidi interventi, l’amarezza per i ripetuti attacchi alla Carta del 1948 – frutto della Resistenza e dell’ansia di libertà di tanti perseguitati e caduti – non adeguatamente rintuzzati, a Suo parere, dagli stessi costituzionalisti, molti dei quali ritiratisi in vuoti giochini tecnicistici o, peggio, messisi al servizio di “innovatori” miranti a restringere gli spazi di libertà, eguaglianza e pluralismo garantiti dalla Costituzione.

Per Ferrara la lotta per la Costituzione faceva tutt’uno con la difesa del Parlamento, del quale era profondo conoscitore sin dai tempi in cui aveva percorso la carriera di funzionario parlamentare, che gli aveva consentito di analizzare, da vero esperto conoscitore della prassi, i meccanismi di funzionamento delle Camere.

Al Parlamento aveva dedicato parte importante della sua produzione scientifica, a partire dall’insuperata monografia sul Presidente di Assemblea parlamentare, del 1965. Non temeva di apparire conservatore dèmodè di fronte alle ricorrenti ondate maggioritarie, presidenzialiste, semipresidenzialiste e simili. In queste tendenze Egli vedeva la veste giuridico-istituzionale di una cultura politica favorevole all’irrigidimento autoritario del sistema costituzionale, celato a stento da velleità efficientistiche e ideologie decisioniste.

La disillusione e il pessimismo lo portarono al ritiro dalla politica attiva e alla polemica aperta con molti colleghi (e anche amici), ma non lo ridussero al silenzio, giacché sino all’ultimo fece sentire le sue critiche alle improvvisazioni e ai pasticci dei nuovi mini-costituenti, con i loro ricettari di forme di governo adattati alle aspirazioni contingenti (spesso momentanee!) dei vari leader, di diverse dimensioni, senza idee e senza programmi, che hanno preso il posto dei vecchi partiti, ormai defunti, ma con non minore sete di potere.

Nella sua vastissima produzione scientifica degli ultimi decenni, che non è possibile in questa sede ripercorrere, mi piace citare uno scritto molto significativo del 2004: «Verso la monocrazia. Ovvero, del rovesciamento della Costituzione e della negazione del costituzionalismo».

Non rimase solo nell’inesausta lotta contro il disastroso dilettantismo costituzionale talvolta collocato a ridosso della politica politicante, talvolta pateticamente solitario, ma ugualmente animato da volontà distruttiva. Mi basta citare gli accorati avvertimenti di Leopoldo Elia e Temistocle Martines, che dedicarono alla difesa del nostro patrimonio costituzionale gli ultimi anni della loro vita.

Con la scomparsa di Gianni Ferrara perdo un Maestro e un Amico. Ricorderò sempre con nostalgia le serate trascorse insieme a commentare i fatti di attualità e a riflettere sullo stato degli studi di diritto costituzionale. Mi mancherà la Sua sapienza, ma anche la Sua bonaria umanità, che traspariva dai suoi modi burberi, che me lo rendevano ancor più caro.

Pubblicato in origine in Giustizia insieme il 25 febbraio 2021