In piazza per fermare la strage di minori a Gaza
Roma Il presidio “Fermare la strage di bambin3 a Gaza" organizzato da Aoi, e al quale hanno aderito la Comunità palestinese di Roma e del Lazio, Arci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Assopace Palestina, Laboratorio ebraico antirazzista e altre organizzazioni
Roma Il presidio “Fermare la strage di bambin3 a Gaza" organizzato da Aoi, e al quale hanno aderito la Comunità palestinese di Roma e del Lazio, Arci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Assopace Palestina, Laboratorio ebraico antirazzista e altre organizzazioni
Ieri pomeriggio, lunedì 27 novembre, un tappeto di lapidi ha riempito Piazza dell’Esquilino. 5000 tombe sono apparse di fronte alla Basilica di Santa Maria Maggiore, ognuna con un nome sopra, il nome di ogni bambino morto dal 7 ottobre ad oggi.
In alcune solo la scritta “ancora senza nome”, un’incisione che richiama le lapidi del cimitero di Lampedusa, in ricordo delle vite spezzate di cui non si sa niente, neanche il nome.
Era il presidio “Fermare la strage di bambin3 a Gaza” organizzato da Aoi, e al quale hanno aderito la Comunità palestinese di Roma e del Lazio, Arci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Assopace Palestina, Laboratorio ebraico antirazzista e altre organizzazioni. Presente in piazza anche la Cgil con il suo segretario generale, Maurizio Landini. L’installazione delle lapidi serviva a “rendere visibile il cimitero di bambini causato dai bombardamenti a Gaza”, spiegano gli organizzatori.
La redazione consiglia:
Musk in Israele, comizi d’amore con NetanyahuSotto la fitta pioggia un centinaio di persone si sono presentate in piazza dell’Esquilino alle ore 18. Dal palco, posto alla sinistra dell’installazione, sono state lette alcune delle storie dei bambini uccisi, le poche che si conoscono. “Non è possibile che non ci sia indignazione, dolore, per tutti questi bambini assassinati. Siamo di fronte alla volontà precisa di distruggere e annichilire un popolo, quello gazawi. Mi chiamano amici da Gaza che mi dicono che non c’è più farina, i bambini hanno fame. Cosa resterà dopo i bombardamenti?” ha detto Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, ricordando anche la violenza in atto da parte dei coloni in Cisgiordania, le discriminazioni dei palestinesi con cittadinanza israeliana ma anche degli ebrei contro l’occupazione che vivono in Israele.
“Dobbiamo lottare insieme ai giovani israeliani che si ribellano, che si rifiutano di prestare servizio militare, che vanno a Masafer Yatta o nella Valle del Giordano insieme ai palestinesi per fare co-resistenza. Chiedere il cessate il fuoco non basta, chiediamo la fine del regime di aparheid e dell’occupazione. Per i Palestinesi il problema è la libertà, è l’autodeterminazione”, ha concluso.
Tra gli altri sono intervenute anche la dottoressa Abeer Odeh, ambasciatrice dello stato di Palestina in Italia, Luciana Castellina, presidente dell’Arci, e Tina Marinari di Amnesty International. Quest’ultima ha sottolineato: “siamo qui per commemorare i 5000 bambini morti negli ultimi 50 giorni di guerra e per ricordare che la popolazione civile va protetta sempre da tutte le parti coinvolte nel conflitto”.
Per il Laboratorio ebraico antirazzista ha parlato, invece, Bruno Monesano, evidenziando sia la brutalità dell’attacco del 7 ottore che l’ingiustificata punizione collettiva che il governo israeliano ha messo in atto contro la popolazione di Gaza dopo quella data. Ha denunciato, inoltre, da un lato l’aumento dell’antisemitismo in occidente e dall’altro la strumentalizzazione della destra italiana ed europea a fini repressivi e xenofobi. “L’antisemitismo è un problema serio e anche se viene strumentalizzato esisiste – ha detto – Bisogna separare le popolazioni dalle loro rappresentanze istituzionali tanto in Israele quanto in Palestina, quanto in Italia”.
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