Abbandonato da dozzine di inserzionisti su X dopo il suo endorsement a un post antisemita e dopo l’inchiesta di Media Matters – alla quale Musk ha subito fatto causa – che ha rivelato come le inserzioni sull’ex Twitter possano finire vicino a contenuti estremisti, Elon Musk ha evidentemente capito che non sarebbe bastato qualche tweet a risolvere la situazione. È attraverso questa lente che andrebbe letta la giornata trascorsa ieri in Israele dall’uomo più ricco del mondo, un’operazione di pubbliche relazioni in cui è corso dall’unico che non gli avrebbe chiesto conto dei suoi recenti trascorsi “burrascosi”: il premier israeliano Bibi Netanyahu, e con lui tutto il suo governo.

ATTERRATO in Israele Musk è stato portato a fare un giro di alcuni dei kibbutz al confine con Gaza attaccati da Hamas il 7 ottobre, per poi offrire a Netanyahu una piattaforma per la sua propaganda, rilanciando per i suoi milioni di follower su X una conversazione audio di venti minuti fra lui e il premier. Conversazione per modo di dire: Natanyahu parla a ruota libera ribadendo quanto già detto decine di volte in questi mesi, dalla necessità di «deradicalizzare» il Medio Oriente, rendendolo tutto come l’”esemplare” Arabia Saudita, al parallelo fra lo sbarco in Normandia e le operazioni militari israeliane a Gaza. Talmente a ruota libera da ripetere ben due volte l’affermazione di Olaf Scholz secondo la quale quelli di Hamas sono «i nuovi nazisti». Musk – perlopiù taciturno – viene esortato dal premier, come in un’interrogazione, solo a esprimersi su ciò che ha visto nei kibbutz, ma tocca comunque en passant quello che chiaramente lo interessa: «Mi piacerebbe aiutare nella ricostruzione» di Gaza a guerra finita.

LA SUA RICERCA di consensi presso il governo israeliano è poi continuata con le trattative con il ministro delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, che un mese esatto fa aveva attaccato a testa bassa Musk per aver dichiarato il suo intento di fornire la copertura satellitare di Starlink alle «organizzazioni umanitarie internazionalmente riconosciute» che operano a Gaza. All’epoca, Karhi aveva detto che Tel Aviv si sarebbe servita «di ogni mezzo a sua disposizione per impedirlo», e che della connessione a internet si sarebbe servita Hamas.
Ieri invece il ministro, naturalmente su X, annunciava la sua soddisfazione per aver raggiunto «il principio di un accordo» con Musk – di cui è passato a tessere le lodi – riguardo a Starlink: «Le unità satellitari di Starlink potranno essere azionate solo in Israele con l’approvazione del ministero delle Comunicazioni», anche per quanto riguarda la Striscia di Gaza.