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In lotta in ordine sparso: «Ma vogliamo gli indennizzi»

In lotta in ordine sparso: «Ma vogliamo gli indennizzi»Uno stabilmento balneare – Foto Ansa

Il Gesto dell'Ombrello Varie associazioni non partecipano: sarà un boomerang. Confindustria divisa: Bonomi era a favore dei bandi, Assobalneari difende la finta mappatura del governo

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 9 agosto 2024

Il fronte dei balneari è molto frammentato. Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, che hanno indetto lo sciopero di oggi, sono le due sigle più storiche, ma a rappresentare gli operatori del settore a livello nazionale ce ne sono altre 9. Che non aderiscono alla chiusura degli ombrelloni per i motivi più svariati.

C’È CHI SI È DISSOCIATO perché ha posizioni diverse e chi invece, pur condividendo le richieste degli organizzatori, non è d’accordo con le modalità dello «sciopero». Perciò molti concessionari oggi terranno gli ombrelloni aperti, anche in località simboliche come Rimini, dove non aderirà quasi nessuno degli oltre 200 stabilimenti balneari.

Il presidente riminese di Confartigianato: non ci hanno coinvolto, nessuno si accorgerà di due ore Il leader campano: il problema non sono i bandi, ma come li scrivono i comuni

«Condividiamo lo stato di agitazione della categoria e siamo molto arrabbiati col governo, ma non partecipiamo all’iniziativa», afferma il presidente di Confartigianato imprese demaniali Mauro Vanni, che ha la sua roccaforte nel capoluogo romagnolo. «Ci sentiamo traditi e delusi dalla premier Meloni, che non ha mantenuto le promesse. Sappiamo che dovremo affrontare i bandi e non ci tiriamo indietro, ma pretendiamo il riconoscimento di un indennizzo economico». Si tratta della stessa posizione di chi ha organizzato lo sciopero; ma Vanni spiega di non avere aderito «perché gli organizzatori non ci hanno coinvolto. Oltretutto, quasi nessuno si accorgerà degli ombrelloni chiusi solo fino alle 9,30. Fatta così, l’iniziativa sarà un boomerang».

SULLA STESSA LINEA è Antonio Cecoro, presidente di Assodemaniali-Fenailp, che rappresenta quasi 300 concessionari soprattutto in Campania. «Questa forma di protesta è talmente blanda, che può trasmettere solo sottovalutazione o disinteresse da parte dei balneari. Stiamo vivendo una situazione gravissima e la nostra risposta è aprire gli ombrelloni alle 9,30. Gli agricoltori hanno organizzato azioni molto più incisive, mentre Sib e Fiba hanno ideato un’iniziativa inutile e dannosa. Perciò non aderiamo». Anche per Cecoro, «il problema non è affrontare le gare, bensì come farle. La spiaggia è un bene inalienabile dello Stato e nessuno lo mette in discussione. Ma le nostre imprese sono proprietà private, sorte nel rispetto della legge. Se si vuole affidarle a un altro soggetto, bisogna riconoscere il valore aziendale agli attuali titolari. Questo non possono deciderlo i comuni, perché solo lo stato può legiferare sul demanio». Conclude il concessionario, titolare di un lido a Castelvolturno: «I bandi non ci spaventano. Il problema è che i comuni li stanno scrivendo in modo arbitrario, senza nessun indirizzo nazionale. In Italia questo problema è stato rinviato per troppo tempo e ora si è incancrenito all’inverosimile».

ANOMALA È INFINE la posizione di Assobalneari-Confindustria, che ha dichiarato di non aderire perché «non è giusto penalizzare migliaia di consumatori che hanno scelto gli stabilimenti balneari italiani per le loro vacanze». L’associazione è da sempre vicina ai partiti di centrodestra e la sua mancata adesione sembra più dettata dal desiderio di non andare contro il governo Meloni. Al contrario delle altre sigle, Assobalneari rivendica il diritto a mantenere le concessioni per l’eternità; andando controcorrente persino rispetto alle posizioni iperliberiste della sua casa madre Confindustria, il cui ex presidente Carlo Bonomi è più volte intervenuto a favore delle gare. Secondo il presidente di Assobalneari Fabrizio Licordari, invece, «la mappatura del governo rimane l’unico modo possibile per la corretta applicazione della direttiva Bolkestein». Si tratta del lavoro portato avanti lo scorso anno da Palazzo Chigi, che aveva dichiarato come solo il 33% delle coste italiane sarebbe occupato da concessioni, e dunque non sussisterebbe il requisito della “scarsità di risorsa” previsto dalla Bolkestein per fare le gare. Ma la commissione Ue ha poi contestato la veridicità dei dati, che difatti non sono mai stati convertiti dal governo in una legge.

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