Il regista russo Kirill Serebrennikov, che ha trasformato il Gogol Center di Mosca in uno dei teatri sperimentali più conosciuti al mondo, ha lasciato il paese lunedì, dopo che un giudice nella capitale ha chiuso un vecchio caso di reati fiscali che gli era costato un paio d’anni di domiciliari.

LA SOPRANO ANNA NETREBKO ha condannato con un messaggio sui social network l’intervento militare in Ucraina e ha espresso solidarietà alle vittime della guerra. A loro, e all’intero mondo della cultura, si è rivolto il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, nel suo ultimo appello diffuso via Telegram: «C’è chi è fuggito verso paesi e climi più miti. E da lì, lancia dichiarazioni accusatorie. Alcuni cercano denaro. Altri hanno semplicemente il desiderio di vedere ancora le sale dei concerti piene». Volodin, già alla guida dell’amministrazione del Cremlino prima di diventare vicepremier e di ottenere la segreteria del partito Russia Unita, sta portando avanti una parte pesante del lavoro che Vladimir Putin ha chiesto ai suoi di svolgere il mese scorso: distinguere i patrioti dai traditori, e poi liberarsi di questi ultimi. Non a caso ieri non si è fermato a Netrebko e Serebrennikov: ha detto che proporrà di licenziare tutti i dipendenti pubblici che criticheranno le «operazioni speciali» in Ucraina. Sotto Volodin la Duma lavora a pieno ritmo.

OGNI GIORNO ce n’è abbastanza per riempire un intero quotidiano. È la «mobilitazione permanente» che Putin pretende dalle massime cariche delle istituzioni. Questa settimana al Parlamento si è discusso il passaggio al rublo per i beni che la Russia esporta, dal gas ai cereali ai prodotti chimici. La prossima si riunirà per la prima volta una nuova commissione di inchiesta sulle «ingerenze straniere». La precedente ha prodotto una quindicina di leggi in due anni, fra il 2019 e il 2021.

Il sistema ha sicuramente contribuito a ridurre sino a questo momento le distanze fra la Russia e la sua classe dirigente, nonostante la guerra sia in corso da oltre un mese e la fine ancora non si veda.

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UN SONDAGGIO eseguito a marzo dal Levada Center dice che l’83 per cento dei cittadini approva l’operato di Putin, contro il 71 registrato nel mese di febbraio. Sarebbe un dato importante, anche perché il Levada è l’istituto di ricerca più credibile e più rispettato del paese. Insomma, non esistono dubbi sul metodo usato per raccogliere e per decifrare i tratti dell’opinione pubblica, ma ci sono questioni, e questo è chiaro a tutti, che vanno ben oltre le possibilità del Levada.

Quanta parte del sostegno a Putin dipende dal quadro politico e giuridico che la Duma ha costruito nel corso dell’ultimo mese? Quanta alla legge che prevede quindici anni di carcere per i resoconti sull’intervento in Ucraina diversi da quelli ufficiali? Quanta all’appello del presidente su patrioti e traditori? A questo proposito è bene notare un fatto abbastanza curioso. Al sondaggio del Levada ne è seguito un altro, ieri, del centro Vziom. Secondo quest’ultimo la percentuale di russi che approva il lavoro del capo si ferma al 79. Quattro punti in meno rispetto allo studio del Levada. L’intero capitale di Vziom appartiene al governo.

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È LECITO RITENERE che l’opinione pubblica russa sia condizionata da pressioni cominciate ben prima della guerra. Fra il dicembre del 2020 e lo scorso febbraio le autorità hanno iscritto settantasei cittadini nell’elenco dei cosiddetti «agenti stranieri» sulla base di una norma che punisce chi lavora per istituzioni finanziate dall’estero, la stessa che ha pesantemente condizionato il lavoro dei media cresciuti dopo la stagione di proteste del 2011-2012, come il portale di informazione Meduza, oggi a Riga, in Lettonia, e ha ridotto altri alla condizione del silenzio o della clandestinità, dalla web tv Dozhd al sito investigativo The Insider Russia, passando per Proekt.

Proprio a Proekt appartiene l’inchiesta pubblicata ieri sulla salute di Putin, secondo la quale il presidente soffrirebbe di cancro alla tiroide, che il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha smentito. La campagna in Ucraina offre oggi alla cerchia putinista la possibilità di portare all’estremo le pressioni sul dissenso.