Mentre l’attenzione mondiale è focalizzata sul conflitto a Gaza, le autorità israeliane hanno intensificato in queste settimane la repressione in Cisgiordania, dove crescono esponenzialmente gli attacchi dei militari e dei coloni contro i civili palestinesi. Dal 7 ottobre si sono contati «266 morti e oltre 3mila feriti», secondo un rapporto dell’Autorità palestinese, con altri «2mila civili arrestati dalle forze di sicurezza israeliane», la maggior parte dei quali in detenzione amministrativa, senza nessuna accusa specifica.

La giornata di ieri è cominciata con diverse incursioni dei militari di Tel Aviv in numerose città e campi profughi, con i soldati israeliani presenti anche nella centralissima piazza al-Manara a Ramallah, la capitale amministrativa palestinese. Secondo quanto riferito da al-Jazeera ci sono stati «numerosi scontri e arresti a Betlemme, Hebron, Jenin, Nablus e Tulkarem».

L’ULTIMO BILANCIO di ieri indica «6 morti – tra cui un minorenne – nel campo profughi di al-Fara a nord-est di Nablus», secondo quanto riporta l’agenzia palestinese Wafa. Vittime che si aggiungono ai quattro palestinesi uccisi giovedì durante un’altra «operazione di sicurezza» dei soldati israeliani nella città di Qaffin, a nord di Tulkarem, con i militari che hanno risposto «con proiettili e lacrimogeni alle proteste della popolazione locale».

Secondo l’Ufficio delle Nazioni unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), la violenza dei militari – spesso affiancati dai coloni – è aumentata in modo significativo, passando «da una media già elevata di tre incidenti al giorno nel 2023 ai sette di questi due mesi di conflitto».

DAL 7 OTTOBRE, l’Ocha ha registrato «171 attacchi di coloni, con la distruzione di oltre 200 insediamenti palestinesi e la fuga di almeno mille civili, costretti ad abbandonare le loro case per salvarsi la vita». L’ultimo episodio risale alla mattina di ieri quando circa 50 soldati e coloni hanno preso d’assalto i villaggi di Khallet a-Dabe’ e Masafer Yatta, distruggendo tutto quello che hanno trovato al loro passaggio tra case, campi coltivati e strumenti di lavoro e obbligando i residenti ad abbandonare le loro case.

Il governo di guerra di Benjamin Netanyahu ha reso più facile per i coloni l’accesso alle armi, con la distribuzione gratuita di oltre 10mila fucili d’assalto per le «unità civili di sicurezza», autorizzando e giustificando «qualsiasi tipologia di intervento preventivo per tutti gli insediamenti».

I COLONI – OLTRE 500MILA secondo un report delle ong israeliane B’Tselem e Kerem Navot – impongono regolarmente restrizioni all’accesso a determinate strade, sconvolgendo in modo significativo la vita quotidiana dei residenti in Cisgiordania. Impossibilitati a nuoversi, i bambini sono privati della scuola, mentre gli adulti non possono svolgere le loro attività di sussistenza come l’agricoltura o l’allevamento. In caso di proteste e incidenti con i soldati, l’esercito ricorre alla punizione collettiva: distrugge i punti di approvvigionamento idrico, la rete elettrica e le strade.