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Hezbollah e Tel Aviv faccia a faccia18 anni dopo

Hezbollah e Tel Aviv faccia a faccia18 anni dopoSulle macerie di un palazzo bombardato a Beirut Epa/Wael Hamzeh

Reportage Scontri diretti a sud, è la prima volta dal 2006. Otto soldati israeliani uccisi. Beirut senza pace: le bombe continuano a cadere sui civili

Pubblicato 20 minuti faEdizione del 3 ottobre 2024
Sabato AngieriINVIATO A TIRO

Una grossa voragine sul lato sinistro della strada, macchine capovolte e carbonizzate, edifici distrutti. A poca distanza un gabbiotto di cemento che dovrebbe essere un checkpoint ma è vuoto. Da dietro un albero a bordo strada spunta la mano di un militare che fa segno di proseguire. Nessun controllo e nessuna domanda.

È COSÌ che ti accoglie Tiro in questi giorni concitati. Siamo a meno di 100 km da Beirut, nella città più grande del Libano meridionale. Lo stato ebraico ha dichiarato che l’obiettivo dell’offensiva militare contro il vicino è eliminare Hezbollah o, più realisticamente, costringere i suoi miliziani a ritirarsi al di là del fiume Litani (storicamente noto come Leonte in italiano ma ora indicato da tutti con la sua denominazione araba) che poco a nord di Tiro sfocia nel Mediterraneo.

Nei piani di Tel Aviv Tiro dovrebbe rientrare in quella «zona cuscinetto» ampia circa 40 km che impedirebbe ai miliziani del Partito di Dio di lanciare razzi e incursioni sul nord di Israele. Diventerebbe, cioè, terra di nessuno. O al massimo un territorio formalmente libanese ma controllato di fatto dai militari di Tel Aviv o da truppe locali sue alleate. In passato una situazione del genere si è già verificata e Israele appoggiò in queste stesse aree l’Esercito del Libano del Sud, comandato all’inizio da Sa’d Haddad, giudicato tra i colpevoli del massacro di Sabra e Chatila nel 1982. La presenza dell’Els, tra l’altro contribuì a fasi alterne a destabilizzare il Libano meridionale fino al 2000 e cessò di fatto solo con la ritirata israeliana nello stesso anno.

ORA NEL PAESE dei cedri, le varie fazioni osservano attentamente gli eventi. Secondo gli analisti, sono diverse le figure che vorrebbero trarre vantaggio dall’indebolimento di Hezbollah e degli sciiti libanesi, soprattutto tra i cristiani maroniti. Questa breve digressione, che non ha nessuna pretesa di essere esaustiva, aiuta a capire due notizie fondamentali della giornata di ieri. Nel primo giorno di scontri sul terreno tra la fanteria israeliana e i miliziani di Hezbollah l’esercito di Beirut ha dichiarato che è «pronto a prendere il controllo del sud del Paese». Un’affermazione non affatto strana se si considera il contesto libanese. Nel sud, di fatto, lo stato centrale non ha il controllo sul territorio. Lo si nota dai cartelloni con le facce di Soleimani, Aquil, Nasrallah, Haniyeh e l’ayatollah Khamenei che costeggiano l’autostrada, dalle bandierine rettangolari di Hezbollah sui lampioni. Persino dagli adesivi sulle ambulanze.

Qui le milizie sciite controllano in maniera più o meno capillare il territorio. Non si immagini un regime di terrore con uomini armati a ogni angolo. Come ogni organizzazione che ha pretese para-statali anche Hezbollah si basa sull’assistenzialismo e così fornisce ai rifugiati palestinesi, presenti sul territorio libanese dal 1970 ma mai riconosciuti come cittadini, molte delle cose che il governo di Beirut gli nega.

TUTTAVIA, nello scontro militare tra Israele ed Hezbollah, è chiaro come l’esercito ufficiale libanese ha ben poca voce in capitolo. Per ora le forze armate governative provano a monitorare la situazione e ieri hanno fatto sapere che i militari israeliani «hanno violato la Linea Blu per circa 400 metri in territorio libanese nelle aree di Khirbet Yaroun e Aadeyseh, per poi ritirarsi dopo breve tempo». La «Linea blu» è il confine provvisorio stabilito dall’Onu nel 2000 e nei pressi del quale si trovano i caschi blu dell’Unifil. Anche Hezbollah ha confermato l’ingresso delle forze israeliane, aggiungendo però che nei pressi del villaggio di Yarun (sud-ovest) otto militari di Tel Aviv sono stati uccisi negli scontri a fuoco. Si tratta dei primi morti ufficiali tra i soldati israeliani su questo fronte da quando la crisi si è aggravata.

«Che Dio li vendichi e che il loro ricordo sia una benedizione», ha dichiarato Netanyahu alla tv nazionale israeliana, confermando la notizia. Secondo gli analisti di Al Jazeera, Hezbollah ritiene quest’attacco un «successo strategico» e mira a infliggere il maggior numero possibile di perdite alla fanteria nemica per dimostrare che il piano di Netanyahu di bombardare Beirut e gli altri centri libanesi è fallimentare.

SOLO NELLE ULTIME 24 ore i caccia dello stato ebraico hanno bombardato il quartiere della capitale di Shiyah, a poca distanza dal centro, e il sobborgo di Chouefait, oltre a diverse località a est, nella valle della Bekaa. Intanto il governo libanese afferma che il numero degli sfollati è salito a 1,2 milioni.
Nonostante i bombardamenti subiti, Hezbollah ha continuato a colpire la Galilea del nord anche ieri e diversi razzi sono stati lanciati su Haifa. Per i portavoce della formazione sciita, inoltre, «nuovi scontri con soldati israeliani ‘infiltrati’ sono in corso nella città libanese di Maroun al-Ras, a circa due km dal confine tra Israele e Libano» e «dopo aver sorvegliato i soldati israeliani che si rifugiavano in una casa fuori dal villaggio libanese di Kfar Kila, alcuni combattenti hanno fatto detonare un ordigno esplosivo nell’edificio e poi lo hanno bersagliato con proiettili e granate».

VUOL DIRE che per ora lo stato maggiore israeliano ha deciso di penetrare in territorio libanese attraverso il valico di Metulla ma solo per alcune «manovre esplorative», operazioni che un esercito compie per sondare il terreno prima di far avanzare i reparti. Metulla si trova dalla parte opposta rispetto a Tiro ma quasi alla stessa latitudine, tracciando una linea dal mare a qui si avrebbe il nuovo confine che Israele vorrebbe. Ma sono molti a credere che quando Israele deciderà di lanciare la vera offensiva è a Tiro che si combatterà la battaglia più sanguinosa.

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