Sotto la forte pressione dell’opposizione bolsonarista e delle principali piattaforme digitali, il presidente della Camera dei deputati del Brasile, Arthur Lira (Progressistas) ha rimandato a data da definire la votazione sul Disegno di legge (Ddl) 2630/20. Il progetto, al centro di grandi controversie, mira a combattere più duramente la disinformazione e l’estremismo nella rete attribuendo alle grandi aziende di tecnologia una serie di nuove responsabilità legali in questo ambito.

Attesa da un grande numero di organizzazioni della società civile, attivisti e giornalisti che si erano recati apposta a Brasilia, la votazione era prevista per il 2 maggio. Tuttavia, nel corso della giornata, i parlamentari hanno aggiunto diversi nuovi emendamenti. Rendendosi conto che non ci sarebbero stati i voti sufficienti per approvarlo, l’autore stesso del progetto di legge, il deputato Orlando Silva (PcdoB), ha chiesto il rinvio del dibattito.

Nel frattempo, diversi utenti di Twitter, Instagram, TikTok e Facebook hanno riferito che le loro reti nascondevano i post favorevoli al Ddl e diffondevano fake news contrarie al progetto. Twitter avrebbe anche scollegato una serie di account le cui pubblicazioni si dimostravano favorevoli alla sua approvazione. E anche Google è stata oggetto di denuncia ed è stata obbligata a segnalare come pubblicità un post del suo blog, sempre contrario al Ddl 2630, che compariva tra i principali risultati nel motore di ricerca.

Secondo il portale Desinformante, le grandi aziende di tecnologia remano contro, dato che “dovranno investire in strutture di controllo dei contenuti, in servizi esterni di revisione e che saranno responsabili per la pubblicità sulle loro reti, oltre a dover sviluppare meccanismi più efficienti per comunicare con gli utenti e le autorità locali”. Alcuni giornalisti hanno paragonato la forza di queste piattaforme a una sorta di “Stato parallelo” in Brasile.

Determinati settori della società, compresi gli alleati dell’ex presidente Jair Bolsonaro e i rappresentati delle chiese evangeliche, hanno definito il testo una “legge della censura” e hanno anche diffuso una grande quantità di disinformazione a riguardo.

Il Ddl 2630/20 mira a coinvolgere legalmente società come Google, Meta, Twitter, Telegram, Discord e TikTok e altre nel tentativo di limitare i contenuti estremisti e di controllare l’uso di pubblicità a pagamento per eseguire truffe e diffondere disinformazione. “Internet non può vivere in un mondo di ombre, ci deve essere trasparenza”, ha affermato Orlando Silva. Tra gli altri punti, la nuova legge imporrebbe alle piattaforme digitali regole trasparenti per la moderazione dei contenuti e per gli algoritmi, oltre all’obbligo di agire tempestivamente per prevenire pratiche illegali e di identificare rischi legati a temi quali il terrorismo, i crimini contro l’infanzia e l’adolescenza, la libertà di informazione, il razzismo e la violenza contro le donne.

Se il Ddl verrà approvato, le aziende dovranno anche monitorare i contenuti che possono rappresentare un danno allo stato di diritto democratico e al processo elettorale. Il disegno di legge prevede, inoltre, che le piattaforme siano penalizzate nel caso di diffusione di disinformazione con l’uso di bots, che siano rese corresponsabili dei contenuti di terze parti la cui distribuzione sia stata sponsorizzata e che i contenuti giornalistici siano remunerati quando diffusi sui social network.

Attivisti, rappresentanti della stampa e legislatori dei settori più progressisti ne difendono l’approvazione come una forma di provare a ristabilire un contesto di democrazia informativa e un ambiente digitale più sicuro ai minorenni. Attualmente, secondo la legge 12.965/14, che regolamenta l’uso di Internet in Brasile, le piattaforme non sono responsabili dei contenuti pubblicati su di esse e devono rimuovere qualcosa solo nel caso di un ordine giudiziale. Il dibattito sull’argomento non è esclusivo del Brasile: i giganti digitali hanno agito in modo simile quando un regolamento analogo è stato votato in Australia nel 2021.

Il disegno di legge ha cominciato a prendere forma nel 2020, all’apice dell’operazione del cosiddetto Gabinetto dell’odio bolsonarista e delle controcampagne negazioniste che hanno inventato ogni sorta di menzogna durante la pandemia. La discussione si è infiammata quest’anno, quando la responsabilità delle big tech è stata un’altra volta chiamata in causa di fronte a casi di incitamento all’odio e ad atti criminali, in particolare il tentativo di colpo di stato sfociato nel saccheggio dei Palazzi dei Tre Poteri a Brasilia, l’8 gennaio scorso, e le recenti stragi nelle scuole brasiliane – fenomeno in crescita, collegato, secondo diversi specialisti, a un processo di radicalizzazione dei discorsi avvenuto nel mondo digitale.

Alla fine della giornata del 2 maggio, Orlando Silva ha detto che “i trucchi utilizzati delle piattaforme per contrastare il progetto rendono evidente la necessità di una regolamentazione di queste società”. Secondo l’attivista e ricercatrice Lola Aronovich, “se le big tech possono mentire per cercare di rovesciare un disegno di legge all’esame del parlamento, possono benissimo fare lo stesso per rovesciare un governo democratico che va contro i loro interessi. Elon Musk è un esperto in questa materia”.