In Argentina si salva chi può. E «Ramona è stata uccisa»
Pandemia Indigna la morte dell’attivista che denunciava le condizioni proibitive e ad alto rischio per la popolazione delle villas di Buenos Aires. «Subito emergenza sanitaria, abitativa e alimentare»
Pandemia Indigna la morte dell’attivista che denunciava le condizioni proibitive e ad alto rischio per la popolazione delle villas di Buenos Aires. «Subito emergenza sanitaria, abitativa e alimentare»
Nell’ultima settimana, l’idea di una curva di contagi da Coronavirus “all’italiana” ha iniziato a farsi spazio tra referenti popolari in Argentina. Se a livello nazionale i casi duplicano ogni 16 giorni, in alcune zone di Buenos Aires, come la Villa 31, si registra un raddoppio dei contagi ogni 5 giorni, e nella Villa 1-11-14 ogni 13, con tendenza al ribasso. Nonostante quindi la relativa efficacia delle misure prese dal governo di Alberto Fernández, che il 20 marzo, 17 giorni dopo il primo caso diagnosticato, decretava la quarantena, i risultati non sono affatto omogenei.
IL 21 MARZO, 24 ORE DOPO l’inizio dell’isolamento, è stato confermato il primo caso nella Villa 31, un dato che si prevedeva sarebbe arrivato e che generava grandi timori date le condizioni strutturali di sovraffollamento e precarietà sociale di uno dei 4.416 tra villas e insediamenti contabilizzati nel Registro nazionale dei quartieri popolari. «Il sovraffollamento è una regola. Ci troviamo in una pandemia che richiede specificamente distanziamento sociale e qui la maggioranza delle abitazioni sono condivise tra 4 o 5 famiglie, con bagno e cucina in comune. Inoltre la circolazione nei pasillos (vicoli interni al quartiere, ndr) avviene in uno spazio molto ridotto per cui sostenere il distanziamento è quasi impossibile» dice Estefanía Cioffi, medica di famiglia in un centro di salute della Villa 1-11-14.
Per «territorializzare la pratica il più possibile» Estefanía visita ogni mattina all’incirca 40 famiglie a domicilio, e altre 10 ogni pomeriggio nella saletta dello studio di una delle 5 équipe territoriali che svolgono questo compito nel quartiere. «La villa è un luogo in cui si vive molto per strada. Adesso ottenere qualcosa da mangiare è un problema perché la maggioranza qui ha lavori informali, quindi bisogna uscire per arrangiarsi o per andare alla mensa».
Degli 8.068 casi confermati nel paese, 374 sono deceduti (circa 8 per milione di abitanti) e la Città di Buenos Aires ha i numeri peggiori, facendo registrare il 39,3% dei casi totali, seguita dalla provincia di Buenos Aires con il 33,1%. Sono queste le zone dove sono state flessibilizzate di meno le condizioni di isolamento sociale e dove per l’appunto si trovano i quartieri più critici.
SECONDO UN RILEVAMENTO dei movimenti sociali pubblicato dall’organizzazione La Poderosa, la Villa 31 conta già 852 casi, la Villa 1-11-14 altri 287 e la Villa 21-24 ulteriori 21 casi, con tassi di crescita molto al di sopra della media nazionale.
Il governo di Buenos Aires ha confermato 1201 casi positivi nelle villas della città e 9 decessi. «Rompiamo la quarantena per fame. Abbiamo implementato un protocollo, rispettiamo la distanza sociale, serviamo il cibo dalle finestre e chiediamo che si portino contenitori e borse, diamo la merenda in una bottiglia di plastica e usiamo molta candeggina, gel alcolici e mascherine che ci facciamo noi» racconta Marcela. Lei ha messo su una mensa popolare nel retro della propria casa, a Santa Isabel, un quartiere nato su terreni occupati, con strade di terra e senza acqua corrente, nella località di Merlo, provincia di Buenos Aires. Dice che dall’inizio della pandemia si sono ridotte da 80 a 30 le persone che collaborano con lei per fare la spesa, preparare il cibo e servire pranzo e merenda, dal lunedì al venerdì, a circa 100 persone. Inoltre, da più di un mese, ogni sabato, l’organizzazione a cui appartiene distribuisce cibo con ollas populares (pentole popolari), offrendo un piatto caldo a molti più vicini di quanti non frequentino la mensa.
Marcela è anche coordinatrice nazionale del gruppo Corrente Classista René Salamanca, ruolo con cui la settimana scorsa è stata ricevuta al ministero dello Sviluppo sociale per discutere dei problemi di rifornimento alle mense di tutto il paese. Lei e i sui vicini hanno passato 12 giorni senz’acqua in piena pandemia. «Questo quartiere è abbandonato dal governo della città (di fede macrista, ndr) quindi chiediamo aiuto al governo nazionale» ha detto Silvana Olivera, del Comitato di Crisi della Villa 31, in una conferenza stampa convocata per chiedere che venga dichiarata «subito emergenza sanitaria, abitativa e alimentare» e un tavolo di lavoro «serio e reale».
DOPO LA MORTE PER COVID-19 di Ramona Medina, una delle principali voci di denuncia della crisi nei quartieri popolari e dell’inazione del governo macrista della città, abitante della Villa 31, il comunicato della Poderosa domenica scorsa è stato perentorio: «Ramona l’hanno uccisa». Per Nacho Levy, membro dell’organizzazione, la morte di Ramona «è una sconfitta senza ritorno per noi». Il suo caso è un ulteriore esempio del fatto che il virus non colpisce tutti allo stesso modo.
E mentre parte della popolazione per mangiare è costretta a uscire e ad andare alle mense comunitarie, altri settori del Paese criticano da oltre due mesi un progetto di legge che verrà presentato al Congresso nei prossimi giorni per implementare un prelievo una tantum dai patrimoni superiori ai 3 milioni di dollari. Una misura che interesserebbe circa 12 mila argentini ma di cui potrebbero beneficiarne milioni.
traduzione di Gianluigu Gurgigno
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