I quasi 1400 casi registrati ieri confermano che il contagio sta accelerando. Secondo i dati del monitoraggio settimanale forniti da Istituto Superiore di Sanità (Iss) e Ministero della Salute, l’incidenza negli ultimi sette giorni è salita da nove a undici casi ogni centomila abitanti. Fortunatamente, i nuovi focolai non stanno portando più persone in ospedale o al decesso. Nell’ultima settimana, le vittime sono scese ai livelli più bassi dalla scorsa estate e i reparti continuano a svuotarsi. I ricoverati in terapia intensiva per Covid sono 11 in meno di ieri. Nelle aree mediche ci sono 30 posti letto liberi in più.

È l’effetto combinato della variante Delta, che spinge i contagi all’insù, e dei vaccini, che proteggono le persone più a rischio di sviluppare la malattia. «Nel mese di giugno i sequenziamenti hanno superato il 6% – spiega il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro – dato positivo e in continuo aumento che ci consente di avere un quadro della circolazione delle varianti». A fianco alla variante Alfa, tuttora la più diffusa, «la variante Kappa e Delta sono oggi al 27,7%. A maggio erano al 5%, 15 giorni fa erano al 16,7%, quindi in netto aumento». Stabile intorno al 12% la Gamma.

Le persone completamente vaccinate sono ormai la maggioranza in tutte le fasce di età oltre i 50 anni, e questo fa calare l’età media delle persone risultate positive: secondo l’ultimo rilevamento, è scesa a 31 anni, un’età in cui il Covid costituisce una minaccia solo in casi rari.
L’indice Rt rimane inferiore a 1 in tutte le regioni tranne Sardegna e Abruzzo, ma, avverte Brusaferro, «è un indicatore da interpretare con attenzione in questa fase in cui abbiamo tanti asintomatici». Inoltre il dato comunicato ieri si riferisce ai contagi avvenuti il 23 giugno, ormai più di due settimane orsono.

Per la prima volta, la cabina di regia Ministero-Iss ha fornito i dati sull’efficacia sul campo delle vaccinazioni, che si conferma molto elevata. Dopo un ciclo completo, cala di circa il 90% il rischio di ammalarsi, di finire in rianimazione e di morire a causa del Covid-19. «Sono dati simili a quelli riportati nella letteratura scientifica», commenta Brusaferro.

Rimane da stabilire quanto duri la protezione. Il direttore generale della prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza si dice convinto che «un richiamo è nelle cose, anche se non sappiamo quando, come e per chi». La Pfizer ha già annunciato una prossima richiesta di autorizzazione alla terza dose. Ma ci sono pochi dati, perché le vaccinazioni sono iniziate solo a gennaio ed è presto per osservare cali nell’immunità. Inoltre, molti partecipanti ai trial clinici del 2020 hanno scelto di abbandonare gli studi per vaccinarsi, e questo impedisce di avere dati di efficacia di qualche accuratezza su periodi superiori all’anno. «I dati ci dicono che dopo otto o nove mesi la risposta immunitaria è ancora buona», spiega Rezza. «C’è però il pericolo di varianti in grado di sfuggire al sistema immunitario. Nel Regno Unito stanno pianificando una campagna di richiami con terze dosi per fine ottobre. Si comincerà con le persone ad alto rischio di malattia grave».

Rimangono dubbi su quali vaccini utilizzare. Sarà necessario adeguare i vaccini alle varianti comparse negli ultimi tempi? «La maggior parte delle aziende stanno mettendo a punto vaccini adattati alla variante beta», quella che ha dimostrato la massima capacità di aggirare gli anticorpi. Il vaccino Moderna, però, anche nella versione originale ha dimostrato un’efficacia elevata (96%) contro questa variante in uno studio condotto in Qatar e pubblicato ieri dalla rivista Nature Medicine.