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Il voto e la rabbia. Primo sì a Kavanaugh, donne in rivolta

Il voto e la rabbia. Primo sì a Kavanaugh, donne in rivoltaLa protesta davanti al Senato Usa – Afp

Stati uniti Proteste a Washington, 300 arresti davanti a Capitol Hill. Atteso per oggi il verdetto definitivo. A un anno dalla nascita del movimento #MeToo

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 6 ottobre 2018

Il Senato americano ha votato per chiedere il cloture (procedura che chiude una votazione) sulla nomina alla Corte Suprema di Brett Kavanaugh. Con un risultato di 51 a 49, il voto per il si è passato.

Ciò non vuol dire che Kavanaugh sia già praticamente seduto alla Corte Suprema, l’organo al vertice del sistema giudiziario americano: il cloture è un metodo di voto usato per evitare il filibuster, la forma di ostruzionismo per cui, visto che un legislatore durante il suo discorso non può essere fermato, si sviscera un argomento per ore in modo da impedire un voto; il cloture serve appunto per dare il via a una votazione che deve avvenire in 30 ore. Ciò significa che giá oggi ci potrebbe essere il voto definitivo.

DEI QUATTRO VOTI IN BILICO che possono fare la differenza in questo caso, l’unico «no» è arrivato dalla senatrice repubblicana dell’Alaska, Lisa Murkowski, che ha fatto intendere che voterà no anche alla conferma di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema; la senatrice ha dichiarato ai giornalisti che questi sono tempi in cui è necessario pensare alla «credibilità e all’integrità delle nostre istituzioni».

Murkowski e Susan Collins, senatrice del Maine, altro voto decisivo per questa conferma, sono gli unici due esponenti repubblicani a sostenere il diritto all’aborto, che è, invece, nella lista di Kavanaugh, una delle prioritá da cancellare. La senatrice dell’Alaska è un politico assolutamente indipendente, nota per aver preso spesso decisioni opposte a quelle del suo partito, ma non è prevedibile se gli altri 4 la seguiranno nel voto di conferma che ha la possibilitá di essere diverso da quello di cloture, come è avvenuto altre volte nel corso degli ultimi anni.

LA PRESSIONE SULLA SCELTA dei senatori arriva direttamente dalla base, nel giorno precedente al voto di cloture circa duecento persone, quasi tutte donne, hanno manifestato dentro e fuori gli edifici di Capitol Hill, e manifestazioni e cortei si sono susseguiti per tutto il giorno.

Questa nomina arriva, ironia della sorte, nell’anniversario del movimento #MeToo, nato un anno fa grazie a un’indagine di Ronan Farrow pubblicata dal New York Times, dove si riportavano le testimonianze di alcune attrici che affermavano di essere state molestate dal produttore cinematografico Harvey Weinstein, nel corso di quasi trent’anni. Per via di questo articolo il produttore è stato accusato di stupro e violenze sessuali da decine di donne, e al momento sono in corso i processi contro di lui che per essere libero ha dovuto pagare una cauzione di 1 milione di dollari, mentre Farrow ha vinto un Pulitzer.

Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, scrivendo su Twitter «Se sei stato molestata sessualmente o violentata, scrivi me too (anche io, ndr) come risposta a questo tweet», ha dato il via a una valanga di risposte che hanno generato il movimento che si batte contro gli abusi sulle donne.

PER PROTESTARE contro una nomina alla Corte Suprema che sembra fatta proprio per provocare la rabbia di chi lotta contro la violenza sulle donne, le manifestazioni che si sono tenute a Washington hanno sottolineato il filo rosso di accuse di molestie che lega Weinstein a Kavanaugh; durante le proteste a Washington sono state arrestate oltre 300 persone, tra cui l’attrice Amy Schumer e la modella Emily Ratajkowski.

Le manifestazioni erano state organizzate dalla Women’s March, organizzazione nata come movimento di base in opposizione alla presidenza Trump; i manifestanti si sono radunati nell’atrio del Hart Senate Building, dopo che la polizia si era schierata a difesa del Campidoglio, e lí sono iniziati gli atti di disobbedienza civile che hanno portato agli arresti.

Durante le proteste, a seguito di un segnale da parte degli organizzatori, il gruppo ha iniziato a mostrare cartelli e a scandire slogan, mentre chi era riuscito a entrare nel palazzo ha srotolato striscioni con scritto «Crediamo a Christine Ford», riferendosi alla professoressa Christine Blasey Ford, che sostenne di aver subito un tentativo di violenza da parte di Kavanaugh, durante una festa nel 1982.

Anche per oggi sono previste manifestazioni contro il voto di conferma.

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