In direzione ostinata e contraria potrebbe diventare il motto del centrosinistra alle comunali di Genova. Il vento tira a destra, il sistema Toti-Bucci (dai nomi del governatore e del sindaco uscente) si fa forte del successo nella ricostruzione del ponte Morandi (ora san Giorgio) e promette che i 6 miliardi del Pnrr che atterreranno nel capoluogo ligure saranno spesi con piglio decisionista e pragmatico. «Questo è un piano Marshall, le elezioni non sono mica un problema di destra o sinistra», scandisce Bucci, uso a indicare lo sfidante di centrosinistra, Ariél Dello Strologo, come un «signor No». No alle grandi opere, naturalmente.

IL RIVALE, AVVOCATO, presidente del porto antico per un decennio, alla guida fino a poche settimane fa della comunità ebraica, si sgola nel dire che il famoso «modello Genova», e cioè ricostruzione con maxi deroghe per fare il prima possibile, non può valere nella vita normale di una città: «Ci sono regole fondamentali per garantire che non siano utilizzati male i soldi pubblici e che non ci siano infiltrazioni criminali». L’altro fa spallucce, forte di sondaggi che lo danno vincente al primo turno, con lo sfidante che paga il fatto di essere assai meno conosciuto.

Ma col passare dei giorni la certezza di farcela già il 12 giugno si sta assottigliando, man mano il candidato giallorosso recupera il suo deficit di popolarità. «In numeri assoluti, solo il 25% degli aventi diritto al voto dice che rivoterà Bucci. In dieci giorni siamo convinti di poterlo portare sotto il 50% e poi giocarcela al ballottaggio, c’è da dare l’ultima spallata», spiega Dello Strologo al manifesto. Al secondo turno potrebbero pesare i voti di Antonella Marras (Prc e altri) e Cinzia Ronzitti del Partito comunista dei lavoratori: in totale sono accreditate di oltre il 4%.

Il candidato giallorosso punta tutto sul ridurre le diseguaglianze sociali, sulla «redistribuzione della ricchezza». E si rivolge a quei 120mila genovesi che «vivono a ridosso della soglia di povertà». «Molti sono anziani, ma ci sono anche giovani e lavoratori a basso reddito». È questa fascia della popolazione, che dopo aver dato fiducia al M5S si è ritirata nella rassegnazione e nella sfiducia verso la politica, l’ago della bilancia. «Amministrare non è solo essere esecutori di opere pubbliche», ha detto il candidato di Pd e M5S a Bucci durante un dibattito in curia. «Significa pensare a tutti e non solo ad alcuni quartieri o fasce sociali o agli amici imprenditori, lavorare perché nessuno rimanga indietro».

E ancora: «Non possiamo pensare che si crei sviluppo solo con operazioni immobiliari e con la costruzione di supermercati». «Il nodo è convincere i cittadini che non vogliono votare che c’è un’alternativa», spiega Simone D’Angelo, il segretario che dopo il disastro renziano sta cercando di rimettere in moto il Pd spostandolo a sinistra. «Genova è una città in declino, anche demografico, e Bucci è il miglior garante di un declino che favorisce i privilegi di pochi mentre i giovani se ne vanno», ragiona D’Angelo. «Non basta parlare di infrastrutture, serve una visione della città, un ridisegno urbanistico e sociale».

ANCHE IL GOVERNATORE emiliano Stefano Bonaccini è arrivato a Genova per dare una mano: «Il ponte non basta se non si lavora alla qualità della vita». D’Angelo, che è capolista dem per il consiglio comunale, racconta la fatica improba nel «far tornare il Pd ad ascoltare le persone, casa per casa, strada per strada». La citazione di Berlinguer non è casuale. Funziona? «Fino a qualche anno fa ci avrebbero preso a male parole, stavamo antipatici a tutti. Adesso c’è curiosità, tantissimo bisogno delle persone di essere ascoltate, abbiamo fatto i conti con i tanti errori del passato. Ma tornare a radicarci sarà un lavoro lungo».

ALCUNI CITTADINI di Sanpierdarena si sono organizzati in un comitato per dire no al progetto del sindaco di trasferire alcuni depositi chimici a 300 metri dalle case del quartiere. «Se uno non è d’accordo fa bene a protestare ma la decisione è questa», la replica di Bucci. Dello Strologo, che non alza mai i toni, sorride: «È convinto di essere il più bravo fare le cose e che nessuno lo debba disturbare. Un tratto peronista con annesso culto della personalità».

Negli ultimi mesi questo tratto è stato condito da ripetuti fuochi d’artificio, feste della bandiera, richiami all’orgoglio genovese. Una spruzzata di circenses unita al panem delle infrastrutture. «I genovesi devono decidere se affidare i miliardi del Pnrr a me o a quelli del buco del San Martino», sorride Bucci, con riferimento al parcheggio interrato dell’ospedale, i cui lavori sono rimasti fermi per una decina d’anni sotto le giunte di centrosinistra. E sono stati sbloccati e portati quasi a termine da questa giunta. Da sinistra ribattono ricordando che «dopo due anni di pandemia non c’è neppure un assessore ai servizi sociali».

SFIDA VERA, quella di Genova, tra due idee molto diverse di città. «Bucci è rimasto fermo a un’idea anni 80, in cui il mercato da solo risolve tutti i problemi», dice lo sfidante. «La nostra città, con un cittadino su due over 60, è una fotografia dell’Italia tra 15 anni», ragiona D’Angelo. «Un laboratorio significativo per il campo largo progressista». Già, perché la coalizione Pd-M5S-sinistra qui concede il bis dopo la sconfitta delle regionali 2020: a Genova città Toti prevalse su Ferruccio Sansa 51,7% contro 43,4%. Un distacco più basso rispetto ai risultati dell’intera Liguria.

Comunque un abisso dalle comunali 2017, quando centrosinistra e M5S, in totale (ma correvano divisi), superarono abbondantemente il 50%. Ora bisogna capire se il punto più basso è stato superato e se è iniziata la rimonta. Dello Strologo ci crede: «Da Genova potremmo lanciare un bel segnale per la coalizione di centrosinistra nazionale». Giuseppe Conte, piuttosto refrattario a mettere la faccia in questa tornata di comunali, qui è venuto. E ha menato duro: «Noi quelli del No? Il ponte non l’ha ricostruito Bucci, il decreto l’ha fatto il mio governo e noi ci abbiamo messo i finanziamenti». Toti non ha gradito.