Il Tar della Liguria: legittimo espellere migrante condannato per droga, anche con famiglia
La sentenza Secondo il giudice l'uomo «non ha interiorizzato le regole essenziali del vivere civile». Era stato condannato a 3 anni per 16 episodi di cessione di stupefacenti nell’arco di 12 mesi.
La sentenza Secondo il giudice l'uomo «non ha interiorizzato le regole essenziali del vivere civile». Era stato condannato a 3 anni per 16 episodi di cessione di stupefacenti nell’arco di 12 mesi.
Secondo il Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Liguria è legittimo non rinnovare il permesso di soggiorno a un cittadino straniero e farlo rientrare nel paese d’origine insieme alla famiglia in seguito a una condanna per cessione di stupefacenti. Il ricorso di un cittadino albanese contro il ministero dell’Interno per la decisione della questura di Savona è stato dunque respinto. Nonostante l’uomo fosse residente in Italia da 13 anni, con moglie e due figli di 7 e 4 anni. Per il Tar gli anni di permanenza e la situazione familiare non hanno influito «sull’interiorizzazione delle regole essenziali del vivere civile». Era stato condannato a 3 anni per 16 episodi di cessione di stupefacenti nell’arco di 12 mesi.
In linea generale, spiega l’avvocato Guido Savio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), qualsiasi condanna in materia di stupefacenti è automaticamente ostativa al rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Questo vale anche nei casi di lieve entità. Negli anni scorsi la Corte costituzionale lo ha ribadito in diverse occasioni, sostenendo che spetta al legislatore stabilire a quali condizioni il cittadino straniero può risiedere in Italia.
Tra le potenziali deroghe a questo principio c’è l’esistenza di legami familiari. In questo caso l’automatismo tra condanna e diniego del permesso di soggiorno non vale e l’amministrazione può bilanciare gli indici di pericolosità dello straniero con la tutela dell’unità familiare. Quest’ultimo è un bene di rilevanza costituzionale protetto anche dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu).
Nel caso specifico il Tar ha spiegato che, come evidenziato dalla questura, «tutto il nucleo familiare possiede la stessa cittadinanza e pertanto può rientrare nel paese di origine senza rischi di divisione. È stato ritenuto che prevalesse l’esigenza di allontanare uno straniero pericoloso, nonostante la situazione familiare e gli anni di permanenza in Italia».
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