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Il Sinodo delle correnti, ma il papa avverte: «Non è un parlamento»

Il Papa in Piazza San Pietro per la messa d'apertura del Sinodo foto AnsaIl Papa in Piazza San Pietro per la messa d'apertura del Sinodo – foto Ansa

Vaticano Omosessuali, accesso delle donne ai ministeri, abusi del clero: Bergoglio cerca l’equilibrio, ogni decisione finale è nelle sue mani

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 ottobre 2023

Ha preso il via ieri in Vaticano l’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi che, in due tempi (ottobre 2023 e ottobre 2024) inframmezzati da un lungo intervallo di «discernimento», si confronterà su un macro-tema apparentemente innocuo ma potenzialmente esplosivo («Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione»), che potrebbe far affiorare tutti i nodi più spinosi che attraversano e inevitabilmente dividono la Chiesa: inclusione delle persone omosessuali, accesso delle donne ai ministeri, ordinazione per gli uomini sposati, abusi del clero. Fermo restando che ogni decisione finale è nelle mani del pontefice, il quale potrà accogliere, respingere o recepire in parte le proposizioni approvate dall’Assemblea. Perché il Sinodo, nonostante l’ampliamento delle sue prerogative, rimane un organismo consultivo e non deliberativo.

Che i rischi di spaccatura siano a portata di mano Bergoglio lo sa bene. Infatti ieri mattina, aprendo l’assise con una messa in piazza San Pietro, ha iniziato e concluso l’omelia ripetendo che «il Sinodo non è un parlamento» dove si confrontano maggioranza e opposizione, conservatori e progressisti. Ma ha anche indicato, fra le righe, cosa si aspetta: caute aperture, in un equilibrato mix di innovazione e tradizione, per arrivare a costruire senza strappi una «Chiesa dalle porte aperte a tutti, tutti, tutti», ripetuto tre volte.

DOBBIAMO ESSERE una Chiesa che «discerne il presente», «non si barrica dietro convinzioni acquisite» ma nemmeno «si lascia dettare l’agenda dal mondo», ha detto papa Francesco. E, riprendendo il discorso di apertura di Giovanni XXIII al Concilio Vaticano II, ha aggiunto che è necessario che «non distolga mai gli occhi dal sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi» ma sappia «guardare anche al presente, che ha comportato nuove situazioni e nuovi modi di vivere». Ovvero una Chiesa capace di essere «accogliente» e «ospitale», che «non impone pesi», che respinge le «tentazioni pericolose di essere una Chiesa rigida, una dogana, che si arma contro il mondo e guarda all’indietro».

AL DI LÀ DEGLI AUSPICI e delle raccomandazioni del papa all’unità (non dobbiamo avere «uno spirito divisivo e conflittuale»), è inevitabile che, se si deciderà di affrontare i temi più delicati contenuti nell’Instrumentum laboris elaborato al termine di un percorso iniziato due anni fa e che ha coinvolto le diocesi di tutti i continenti, l’Assemblea si confronterà aspramente e probabilmente si dividerà.

Una piccola anticipazione si è avuta nei giorni scorsi, quando il papa e la Congregazione per la dottrina della fede sono intervenuti sui dubbi sollevati da cinque cardinali ultraconservatori su coppie omosessuali, donne prete e sinodalità, e sulla domanda del cardinale emerito di Praga sull’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Le risposte hanno confermato quella che sembra essere la linea della Chiesa di papa Francesco: in generale aggiornamento pastorale senza modificare la dottrina (possibilità di benedire le coppie omosessuali, ma il matrimonio è un’altra cosa e non va confuso); su alcune questioni porte chiuse da cui però filtra qualche spiraglio (non all’ordinazione presbiterale delle donne, ma «non è una definizione dogmatica»); su altre, invece, aperture più decise (sì alla comunione ai divorziati risposati, anche se eludono la «continenza» sessuale proposta dalla Chiesa).

È su questo difficile equilibrio che si giocherà l’Assemblea sinodale iniziata ieri, al termine della quale (29 ottobre) si capirà se il baricentro della Chiesa si sposterà un po’ più avanti o se la palla resterà a metà campo.

PROBABILMENTE non aiuterà, anzi rischia di produrre l’effetto opposto, la decisione del Vaticano di ridurre all’essenziale le comunicazioni ufficiali su quanto verrà detto in assemblea. Un quasi silenzio stampa che potrebbe moltiplicare le “fughe di notizie”, alimentate ad arte dagli schieramenti che si formeranno. Perché se è vero, come dice papa Francesco, che il Sinodo non è un parlamento ma «il protagonista è lo Spirito santo», è anche vero che i componenti dell’Assemblea sono uomini (chierici e qualche decina di laici) e donne che agiscono anche in base a logiche terrene: 365 votanti, di cui 54 donne, che per la prima volta possono votare (più 99 invitati senza diritto di voto, fra cui Luca Casarini, che porterà la voce dei migranti).

I LAVORI SI SVOLGERANNO in maniera plenaria e in 35 circoli minori divisi per lingue. A fine mese l’Assemblea voterà una sintesi finale, da cui si capirà la direzione di marcia. Un anno di tempo per “digerirla” e, a ottobre 2024, la seconda convocazione dell’Assemblea generale che approverà a maggioranza qualificata dei due terzi il documento finale da consegnare a papa Francesco. Che deciderà cosa farne.

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