Il simbolo della Cina: «Beijingren» da sempre alla ricerca di una identità
Cina Nei primi anni del 1900 i visitatori di Pechino rimanevano colpiti dalla massiccia presenza di forze dell’ordine: cominciava a sfumare la maestosità di quel manto sfarzoso e misterioso della Corte
Cina Nei primi anni del 1900 i visitatori di Pechino rimanevano colpiti dalla massiccia presenza di forze dell’ordine: cominciava a sfumare la maestosità di quel manto sfarzoso e misterioso della Corte
Nel testo cinese classico Zhou Li si descrive la città ideale: «di forma quadrata, con tre porte su ogni lato, nove viali in direzione nord-sud e altrettanti in direzione est-ovest, con il Tempio Ancestrale Supremo a est, gli Altari della Terra e del Grano a ovest e le strutture architettoniche imperiali esattamente nel centro».
Così voleva essere concepita Pechino; nel 1274 per la prima volta Kubhilai decise di radunare la propria corte a Dadu, poi Khanbalikh, poi Beiping, Pechino, la capitale. Simbolo dell’essenza cinese, o almeno così divenne nel tempo, la città sembra da sempre alla ricerca dei suoi veri abitanti: chi può dirsi beijingren? Gli uomini della bandiera prima, i funzionari e i soldati, i dirigenti comunisti o la massa di persone giunte nella capitale dalle campagne?
La prima volta che sono stato a Pechino, appena sceso dall’aereo ho chiesto al taxi di portarmi in Tiananmen. Ho scoperto che le macchine non si possono fermare, ma a me bastava ritrovarla: la Cina per me era quella piazza, vista anni prima in televisione, di notte, ovattata da una fuliggine e dalla confusione dei suoi giovani. Dieci mesi di lavoro, ventiquattro ore su ventiquattro, per ristrutturarla dopo la Rivoluzione: quando tornò a essere capitale e quando furono completati i lavori per farla diventare la piazza più grande nel mondo, era il 1959. Si dirà che
Pechino, altro che città perfetta: ha un clima orribile, secco e preda di venti gelidi e un tempo portatori di sabbia, in grado di creare piramidi gialle per strada e di depositarsi sui pavimenti degli appartamenti. Sul viale del tempio di Confucio, fin dalla mattina, persone intente a muoversi, costantemente impegnate a fare qualcosa: la città perfetta richiede grande attenzione.
Nei primi anni del 1900 i visitatori di Pechino rimanevano colpiti dalla massiccia presenza di forze dell’ordine: cominciava a sfumare la maestosità di quel manto sfarzoso e misterioso della Corte: Pechino cominciava a diventare la Nuova Cina, a riconoscersi nei processi storici, a resistere alle intemperie della memoria, per aprirsi alle consuetudini. Ed ecco nuove ondate di beijingren, uomini e donne della classe dirigente maoista, alla ricerca di quella «erre» tipica della capitale, che si perde sempre di più, dicono.
E oggi chi sono i beijingren non lo sa più nessuno: Pechino è lo specchio della Cina, alla ricerca di un’identità sempre cangiante.
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