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Il siluro di Grillo alla vigilia del voto: «Ormai il M5S non esiste più»

Il siluro di Grillo alla vigilia del voto: «Ormai il M5S non esiste più»Beppe Grillo – Ansa

5 Stelle Ma Conte: «Siamo più attivi che mai»

Pubblicato un giorno faEdizione del 27 ottobre 2024

Fine delle trasmissioni: più che la chiusura della campagna elettorale per la Liguria, quella di ieri per Beppe Grillo è la chiusura del Movimento 5 Stelle, la forza politica che fondò insieme a Gianroberto Casaleggio, poi scomparso nel 2016, giusto 15 anni fa. «Da creatore del M5S rivendico il mio diritto all’estinzione del M5S», dice Grillo in un video comparso sul suo blog.

Siamo all’esito dell’escalation. Dopo la controversia sull’assemblea costituente che si terrà il 23 e 24 novembre e alla quale il garante e fondatore non riconosce la potestà di cambiare norme fondamentali o modificare il simbolo, Giuseppe Conte aveva fatto sapere che alla fine di quest’anno solare il contratto da consulente alla comunicazione che lega Grillo ai 5 Stelle per trecentomila euro non verrà rinnovato.

Le sue dichiarazioni adesso aprono scenari di possibili vertenze legali, scontri sul brand e ricorsi a colpi di carte bollate. Se di questo, semmai, diranno i tribunali, bisogna anche dire che Grillo non ha tutti i torti: il M5S delle origini non esiste più. Per capirlo basta passare in rassegna i proclami originari che gli hanno consentito di diventare la prima forza del paese: la trasparenza via streaming, il divieto di alleanze in nome del né di destra né di sinistra, gli stipendi francescani, la centralità del feticcio digitale della piattaforma Rousseau, l’assoluto divieto di accedere ai finanziamenti pubblici, il tetto dei mandati che già conosce deroghe e che sta per essere superato. Soprattutto non esiste più il personale politico che ne aveva fatto la fortuna. Da questo punto di vista, il parlamento ha aperto il M5S come una scatoletta di tonno: tutti i nomi che il cronista aveva faticosamente messo da parte in agenda dal 2013 al 2022 sono evaporati, nella maggior parte dei casi si sono riconvertiti all’attività di consulenza per i privati, alcuni hanno provato a riciclarsi in altre formazioni politiche. Merita la significativa eccezione di Michele Dell’Orco, che fu sottosegretario ai trasporti quando era ministro Danilo Toninelli e di Giuseppe Brescia, che era presidente della commissione affari costituzionali: hanno aperto il ristorante Flamingo Mediterraneo nel quartiere romano di Prati.

Conte non avrebbe potuto fare altro: l’unico modo di diventare leader del nuovo corso pentastellato era fare piazza pulita di quella storia che pure gli aveva consentito di diventare premier. L’altro giorno ha spiegato che è toccato a lui fare fuori Davide Casaleggio, il quale ha aspettato fino all’ultimo, stava praticamente riconsegnando le chiavi del suo ufficio pentastellato, per aprire la scatola nera di Rousseau e consegnare finalmente la lista degli iscritti all’ex premier che nel frattempo ne era divenuto presidente.

Grillo dice: «Quando vedo la bandiera del M5S con davanti il mago di Oz [così appella Conte] che parla di democrazia diretta mi viene un buco nello stomaco». E ancora: «Lui si può fare il suo bel partito, il suo manifesto, con la sua faccia, bella simpatica, sincera, con scritto Oz e 22 mandati. Potrebbe arrivare al 22%, se va da Fassino e si fa fare una profezia può arrivare al 15. Io gli darei anche una mano». Ma, ribadisce: «Il M5S non c’è più. È evaporato, lo sappiamo tutti».

Che tutto ciò avvenga alla vigilia dell’apertura delle urne liguri, e di una tornata elettorale che assieme a Umbria ed Emilia Romagna definirà le prospettive strategiche del M5S e delle sue alleanze, diventa ulteriormente significativo. Conte, intanto, rigetta la provocazione di Grillo, rivendicando la strada tracciata: «Ci siamo messi in discussione e ci stiamo rinnovando, riossigenando, e veramente siamo più attivi che mai». Sicuramente, tuttavia, da ieri il M5S è entrato in una dimensione diversa: è definitivamente de-grillizzato.

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