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Bettini: «La scelta progressista di Conte è irreversibile, basta diffidenze»

Bettini: «La scelta progressista di Conte è irreversibile, basta diffidenze»Goffredo Bettini – Ansa

Intervista Il dirigente Pd: «In campo in Liguria il nucleo del centrosinistra che sfiderà Meloni, da Avs a Calenda». «Sbagliato continuare ad armare Kiev fino alla vittoria, serve il negoziato. Tifo Kamala Harris, ma l’Ue sia più autonoma dagli Usa. I socialisti facciano pesare nel voto la svolta a destra di von der Leyen. Dai dem mi aspetto una linea più dura contro Netanyahu»

Pubblicato 21 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

Goffredo Bettini, domenica e lunedì si vota in Liguria, dopo mesi difficili per il centrosinistra, con continui contrasti tra Pd e M5S, sulla Rai e sulla presenza di Renzi in coalizione. Si può dire che, comunque vada questo test elettorale, la coalizione del futuro è quella in campo in Liguria, da Calenda a Fratoianni?

Non è il momento di tornare sulle difficoltà passate. È il momento della concentrazione, della generosità, del combattimento unitario. Andrea Orlando ha svolto una campagna elettorale fantastica. Capillare, serena, concreta sui temi fondamentali della difesa della sanità pubblica, della dignità dei salari particolarmente bassi in Liguria, del riscatto morale ed economico di una regione bellissima, ma messa molto male. Ama quella terra natia, il suo popolo, il suo spirito laborioso, la sua apertura al mondo. Elly Schlein gli è stata accanto in modo ammirevole. Ho apprezzato la semplicità ed efficacia dei suoi interventi. La coalizione alla fine risulta ampia e ben armonizzata. È il nucleo dell’alleanza che dovrà insieme affrontare le politiche. L’apporto di Calenda ha pesato positivamente tra gli imprenditori, i giovani più colti e dinamici, le energie attive che credono in una modernità giusta. Ho condiviso, inoltre, la sua battaglia, inizialmente un po’ solitaria, sulle strategie di Stellantis, con la smobilitazione di alcuni impianti italiani. Nei prossimi mesi, tuttavia, saranno decisive le battaglie comuni dell’opposizione, piuttosto che la definizione di formule politiche.

Il M5S sta vivendo una fase para congressuale che acuisce gli elementi più identitari. Ritiene che la scelta del campo progressista sia ormai irreversibile? Cosa potrebbe o dovrebbe fare Conte per rendere il rapporto col Pd più stabile?

Per Conte la scelta progressista è irreversibile. Metterlo in dubbio è già la prova di una diffidenza sbagliata. La costituente del M5Stelle sarà principalmente su questo punto. Lasciamogli la libertà di giocarsi le carte di cui dispone; rivendicando anche la sua identità, che in politica non è una brutta parola.

La politica estera è il punto in cui le distanze sono più profonde. Oggi un governo Pd-5S non avrebbe una linea sull’Ucraina e dunque non potrebbe governare. Come si risolve? Il Pd deve abbandonare la linea di sostegno militare a Kiev per spingere in modo più concreto sulla soluzione negoziale?

Le differenze non sono solo tra M5S e Pd. Ma anche dentro il Pd e dentro l’insieme della coalizione. Sono assolutamente legittime e non mi preoccupano in sé. Ciò che veramente trovo allarmante è che, diversamente dal passato, i conflitti in corso hanno come prospettiva solo la continuazione della guerra, altri armamenti, altre stragi, minacce sempre più terrificanti fino alla vittoria finale. È l’incoscienza dei “sonnambuli”. È scomparsa la dolente preoccupazione circa strumenti di distruzione in grado di cancellare la nostra specie. Consapevolezza, al contrario, così presente negli anni ’60 nell’enciclica «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII e nel discorso di Togliatti a Bergamo del 1963. Paradossalmente, nel bilanciamento tra le due superpotenze del dopoguerra, i conflitti in corso avevano all’ordine del giorno come ritrovare un nuovo equilibrio condiviso; vale a dire la pace. Oggi, al contrario, nessuno si sente in dovere di ricomporre. Si rifiuta la trattativa e si punta a spaventare l’altro, rischiando di superare in ogni momento il punto di non ritorno. Dare armi all’Ucraina per arrivare fino a Mosca pare a me un azzardo insostenibile e controproducente. Quando, invece, emergono proposte per una pace giusta. Penso al grande lavoro fatto dalla comunità di Sant’Egidio.

Condivide la linea tenuta fin qui dai dem sul Medio Oriente? O servono a questo punto sanzioni più severe verso Israele?

Serve una linea molto più decisa verso il governo di Netanyahu. Anche in guerra, la proporzionalità è un principio di giustizia. All’orrenda carneficina voluta da Hamas non si può rispondere con la strage di decine di migliaia di innocenti. Ed è letale imbarcarsi in una sorta di conflitto tra civiltà: l’occidente e la barbarie. Quale occidente? E quando mai nella storia ciò che non è occidente è stato solo barbarie? La barbarie più odiosa che si sia pensata nel mondo è la distruzione capillare del popolo ebraico. Un vero e proprio scrigno del pensiero, della scienza, della filosofia, della medicina, della letteratura e della musica occidentali. Vorrei ricordare che questo disgustoso fanatismo distruttivo non è nato tra i musulmani, ma nel cuore della civilissima Europa. Nelle sue raffinate e civili consuetudini. Ergersi sul piedistallo a giudicare un mondo così multipolare è un fanatismo isterico occidentalista, tipico di una società al tramonto.

I dem italiani tifano Kamala Harris. Ma lei rappresenta la totale continuità con Biden, che vuol dire ancora guerra in Ucraina e timidi rimbrotti a Netanyahu.

Lo dico seccamente: spero vinca Harris. Ma per tanti motivi non mi identifico con i democratici americani. L’Europa deve mantenere un’autonomia e una distanza dagli Stati Uniti. Alleati, ma diversi. Gli Usa sono un Paese dove un postfascista come Trump avrà, comunque, circa il 50% dei consensi. Evitiamo di essere coinvolti nelle loro probabili convulsioni.

Von der Leyen ha apprezzato le scelte sui migranti in Albania del governo Meloni e ha presentato una commissione spostata decisamente più a destra. Lei se fosse europarlamentare la voterebbe? Come pensa dovrebbero muoversi il Pd e i socialisti? Un voto negativo dei dem sarebbe anche un passo comune con M5S e Avs a Strasburgo.

Von der Leyen va monitorata giorno per giorno. In questo momento c’è uno spostamento a destra del suo asse politico iniziale. Vedremo. Anche se tale peggioramento dovrà pesare nel nostro voto.

Dopo due anni, il consenso per Meloni è in calo. Ma non tracolla. Quanto pesa il fatto che ancora non ci sia una chiara proposta di alternativa, ma solo un arcipelago di opposizioni che si uniscono sporadicamente?

Finora ha pesato. Il governo non ha superato la prova. Basta guardare alla legge di bilancio proposta. Nessun progresso sulla sanità, la scuola, la crescita economica. Vivacchia, come se fosse un governo balneare. E poi le forzature sull’equilibrio dei poteri, sulla Costituzione, sull’ordine pubblico. Anche un intelligente intellettuale di destra come Marcello Veneziani ha constatato il fallimento della loro ambizione di cambiare l’Italia e l’accomodamento nelle compatibilità imposte dai poteri nazionali e internazionali di sempre. C’è uno spazio per i democratici. Speriamo che un segnale di riscossa venga subito dalla Liguria. Ma, in ogni caso, siamo sulla strada giusta e anche in Liguria abbiamo fatto il massimo. La strada è lunga per noi; ma lo è anche per loro, rispetto all’obiettivo di spiantare la sinistra.

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