Europa

Il sì tedesco al glifosato complica l’accordo Cdu-Spd

Il sì tedesco al glifosato complica l’accordo Cdu-SpdProtesta ambientalista contro il glifosato

Germania «Tradimento», i socialdemocratici contro il voto a Bruxelles del ministro dell'Ambiente (Csu); Merkel si dissocia, ma «rientra nelle sue facoltà»

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 29 novembre 2017

Il Sì tedesco al glifosato nell’Unione europea per altri 5 anni crepa il negoziato sulla Grande coalizione. Due giorni prima del vertice-chiave tra Merkel e Schulz, a Berlino si consuma la resa dei conti tra democristiani e socialisti. Muro contro muro sulle 5.000 tonnellate annue di erbicida-killer sparse sui campi della Germania, ma soprattutto sulla decisione assunta «in solitario» dalla sola Union.

«UN AUTENTICO tradimento della fiducia» secondo la ministra dell’ambiente Spd Barbara Hendricks, pronta a denunciare il colpo di mano degli attuali alleati di governo corrispondenti con i partner futuri. Nel mirino: il ministro dell’agricoltura Christian Schmidt (Csu) reo di aver approvato l’estensione al diserbante nonostante l’aperta contrarietà della collega.

«Un comportamento davvero scandaloso che rischia di vanificare l’imminente cooperazione con la Cdu-Csu» avverte la capogruppo Spd Andrea Nahles, sul piede di guerra nonostante la conferma del summit tra i leader della Grosse Koalition giovedì nella residenza del presidente della Repubblica.

FINO A LUNEDÌ SCORSO, Schmidt a Bruxelles aveva mantenuto inalterata la linea dell’astensione sulla proroga del pesticida cancerogeno proprio per l’opposizione manifestata da Hendricks. Poi l’improvvisa svolta del politico bavarese e la denuncia formale dalla ministra dopo una telefonata che non ha ricomposto la forma né la sostanza della crisi. «Esattamente due ore prima dell’inizio della riunione della commissione di ricorso ho ribadito al collega Schmidt che non ero d’accordo sul rinnovo, neppure a determinate condizioni» sintetizza, a scanso di equivoci, Hendricks. In parallelo nei corridoi dell’Union cristiano-democratica si lascia trapelare come il ministro avrebbe agito a insaputa (e senza il placet) della cancelleria Angela Merkel.

«La Commissione Ue avrebbe votato comunque a favore del glifosato» è la difesa d’ufficio di Schmidt. Poco importa che ad aprile 2016 la stessa Henricks gli avesse promesso di cambiare idea se l’Unione europea avesse approvato contestualmente i provvedimenti a favore della biodiversità. Il mese seguente, alla vigilia della votazione a Bruxelles, la ministra Spd aveva ritirato definitivamente l’opzione.

UN BEL GRATTACAPO per la cancelliera Merkel impegnata nel rapido disgelo con il segretario Spd Martin Schulz: non può sfiduciare il ministro scelto dall’alleato cristiano-sociale ma neppure soprassedere alle accuse mosse dai social-democratici. Per questo, la formula “cento per cento” democristiana suggerita dall’entourage di Mutti è che Schmidt abbia assunto «una decisione che rientra nelle sue facoltà» ovvero senza passare per il vaglio del capo di governo.

SE FUNZIONERÀ si capirà domani all’esordio del tavolo di trattativa imposto dal presidente federale Frank-Walter Steinmeier, mentre il compito di monetizzare politicamente l’“incidente” di Schmidt spetterà alla task force dei negoziatori Spd, tra cui il ministro degli esteri Sigmar Gabriel e il sindaco di Amburgo Olaf Scholz. Di sicuro la forzatura del responsabile dell’agricoltura porterà benefici alla potente lobby pro-glifosato in Germania, capeggiata dalla Bayer-Monsanto. Altrettanto certamente però, il Si a un altro lustro di diserbante rischia di soffocare il primo filo d’erba della terza Grossa coalizione.

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