Il sesso in carcere può essere d’aiuto al reinserimento sociale del detenuto? Il divieto che di fatto esiste nei penitenziari è in linea con il dettato costituzionale? Lo stabilirà il prossimo 5 dicembre la Corte Costituzionale, interpellata dal giudice di Sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che ha accolto la richiesta di un detenuto che lamentava «le conseguenze negative che l’assenza di intimità, anche a carattere sessuale, con la compagna sta avendo sul suo rapporto di coppia a cui tiene particolarmente e al quale considera legato il proprio reinserimento sociale». Anche la Procura ha sostenuto le istanze dell’uomo.

Perché, come ha spiegato al giudice l’interpellato direttore del carcere di Terni, per i colloqui tra detenuti e familiari è prevista una «vigilanza continua» e a vista da parte della polizia penitenziaria. Ed è in questa condizione che si realizza, come ha concluso il giudice Gianfilippi, «un vero e proprio divieto all’affettività in una dimensione riservata e segnatamente la sessualità». Nel 2018 la Consulta aveva già invitato il legislatore a colmare il vuoto legislativo che impedisce la tenuta familiare e dunque il reale reinserimento del detenuto nella società.