Economia

Il rapporto Draghi passa anche dalla sfida di Unicredit su Commerzbank

UnicreditUnicredit – Ap

Il caso Banche: realtà e illusioni nella creazione di un mercato unico dei capitali e di oligopoli continentali. Sindacati contrari alla scalata del gruppo italiano. L’Ue favorevole. Critiche a Scholz ma anche all’istituto italiano

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 25 settembre 2024

Un eventuale stop definitivo alla scalata di Unicredit ( uno dei più grandi gruppi bancari italiani) a Commerzbank (il quarto gruppo bancario tedesco) potrebbe fare segnare il passo alla creazione di grandi oligopoli bancari europei e rendere ancora più tenue il progetto che Mario Draghi ha messo in parole nel suo recente «rapporto sulla competitiva». Mercato unico dei capitali e creazione di gruppi bancari europei più grandi. Questi sono alcuni dei capisaldi della strategia.

La realtà è un’altra e la stiamo vedendo in questi giorni nel tentativo di Unicredit di acquisire fino al 29% delle azioni di Commerzbank. Ora è al 21%. Il governo tedesco, che detiene il 12% della banca, si è detto contrario a un’operazione definita «atto ostile» dal cancelliere Olaf Scholz. La critica è arrivata ieri dallo stesso ministro delle finanze – molto liberista – Christian Lindner. Quest’ultimo ha sostenuto che lo Stato non può rimanere a lungo nell’azionariato della banca, ma non ha gradito «lo stile» del gruppo italiano guidato da Andrea Orcel il cui «approccio ha spiazzato molti stakeholder».

In Italia, invece, il vicepremier ministro degli esteri Antonio Tajani ha criticato l’altro ieri l’esecutivo tedesco in nome del nazionalismo economico: le acquisizioni degli italiani all’estero sono «libero mercato» così come fanno gli stranieri in Italia. Salvo poi considerare il fatto che, come avviene in altri settori industriali, i governi possono usare la loro autorità e bloccare le acquisizioni. E questo potrebbe essere uno di quei casi.

La presa di posizione di Scholz è stata criticata da destra e da sinistra in Germania. Nel mirino è finita la sua linea ondivaga sull’affaire che dura da tempo. «Ingenua e schizofrenica» l’ha giudicata l’eurodeputato della Csu bavarese Markus Ferber. «Non dobbiamo permettere che le nostre navi ammiraglie vengano svendute» ha detto il presidente del Land dell’Assia, il cristianodemocratico Boris Rhein. «Prima ha venduto le azioni di stato a Unicredit – ha detto Martin Schirdewan della Linke e eurocapogruppo di The Left – Poi Scholz si mostra sorpreso che gli italiani vogliono di più. Ha fatto perdere miliardi ai contribuenti tedeschi». Più che altro Scholz sembra avere ascoltato gli umori che vengono dai sindacati. Per Stefan Wittmann, membro del consiglio di Sorveglianza di Commerzbank e esponente del sindacato Ver.di «due terzi dei posti di lavoro spariranno e ci sarà un altro taglio significativo alle filiali». «L’acquisizione non la vogliamo – ha confermato Uwe Tschaege presidente del coordinamento sindacale aziendale e vice presidente del Consiglio della banca.

Motivazioni di fondo in un settore molto strutturato che contrastano con la Commissione Europea che ieri è entrata nella partita. Limitazioni «non possono essere giustificate per motivi puramente economici – ha detto la portavoce della Commissione Veerle Nuyts – Per evitarle ci devono essere motivi di sicurezza pubblica o ordine pubblico o motivi imperativi di interesse generale come la giustizia».

La partita non è ancora finita, sempre che Scholz mantenga la sua posizione e in attesa di una risposta della Banca Centrale Europea. L’azione di Unicredit è stata giudicata aggressiva anche perché ha escluso altre opzioni alternative. Deutsche Bank ha i suoi problemi da affrontare. Ed è improbabile che altri grandi gruppi europei si mettano d’accordo con Unicredit. Quest’ultima rafforzerebbe la propria posizione in Germania dove ha acquisito, già nel 2005 tramite un’Opa, la Hvb, sesta banca del paese. Nel frattempo Commerzbank è uscita dall’impasse e ieri ha nominato la nuova amministratrice delegata. Si chiama Bettina Orlopp e gestirà la complicata trattativa.

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