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Il primo Pride dell’Isola rivendica l’orgoglio Lgbtq+ e quello corso

Il primo Pride dell’Isola rivendica l’orgoglio Lgbtq+ e quello corso

Europa A sostenere l’iniziativa, promossa dalla prima associazione antiomofobica costituitasi in Corsica nel 2019, una lista di 14 organizzazioni tra sindacati, partiti di sinistra e movimenti politici , associazioni antirazziste e femministe

Pubblicato più di un anno faEdizione del 18 giugno 2023

«Marciamo perché amiamo quest’isola. Non vogliamo dover scegliere tra la Corsica e la nostra identità sessuale. Vogliamo poter tenere per mano il nostro ragazzo o la nostra ragazza per strada senza sperimentare l’omofobia». Così Livia Casalonga, la giovane segretaria dell’associazione Arcu – “arcobaleno” in corso – ha spiegato in un’intervista a Libération il senso della manifestazione che ieri pomeriggio ha attraversato il centro di Bastia, rivendicando l’orgoglio Lgbtq+ ma anche l’orgoglio corso.

Dalle 17 il corteo – quasi 200 i partecipanti – ha sfilato dal Palazzo di Giustizia fino a piazza San Nicola, a due passi dal porto, aperto da una bandiera arcobaleno e da uno striscione che recitava “L’amore vince sempre”.

A sostenere l’iniziativa, promossa dalla prima associazione antiomofobica costituitasi in Corsica nel 2019, una lista di 14 organizzazioni tra sindacati (Cgt, Fsu, Cfdt), partiti di sinistra e movimenti politici (Pcf, France Insoumise, A Manca, Inseme à Manca), associazioni antirazziste (Avà Basta, Lega dei Diritti Umani) e femministe (Zitelle in Zerga, Main violette Corse).
Una buona partecipazione per un evento sostanzialmente militante. Ma anche storico. Anche se negli anni scorsi si erano svolti alcuni presidi, quella di ieri è stata infatti la prima Marchja di e fierta – la marcia dell’orgoglio – mai convocata dalla comunità in un territorio di frontiera come la Corsica.

Quando un mese fa Arcu ha lanciato l’appuntamento, i suoi attivisti sapevano che si sarebbero trovati di fronte a una sfida non facile: rivendicare diritti e visibilità e al tempo stesso reclamare la propria appartenenza al popolo corso. Un doppio messaggio rivolto in primo luogo alle autorità e alle amministrazioni dell’isola che non hanno mostrato interesse per l’iniziativa e tantomeno si sono adoperate per sostenerla. Ma anche agli ambienti reazionari, non importa se legati all’estrema destra filofrancese o ad alcune delle correnti autonomiste o indipendentiste più conservatrici. Alla vigilia della marcia, a Borgu – comune di 8 mila abitanti a pochi km da Bastia – è comparso uno striscione che recitava “Lgbt = francisata”. Nei giorni scorsi, sui social, una sfilza di accuse, insulti e minacce, che hanno convinto la Prefettura a predisporre un dispositivo di sicurezza più consistente di quello inizialmente previsto, che comunque alla fine non è dovuto intervenire.

Però ancora troppi accostano, all’interno di una concezione essenzialista, l’identità territoriale o nazionale corsa (a seconda dei punti di vista) ad una presunta purezza cristiana o agli stereotipi cari al tradizionalismo. In questa visione tutto ciò che mette in discussione l’identità eterosessuale è considerato un elemento estraneo e pericoloso. Una concezione che gli organizzatori della manifestazione hanno esplicitamente contestato nel manifesto di convocazione: «L’identità corsa, come tutte le identità, non può limitarsi a una camicia di forza stereotipata e deve anzi liberarsene (…) Non accettiamo che la difesa di questo territorio, di questa lingua, di questa cultura, di questa natura, sia monopolizzata dai reazionari (…) Vogliamo costruire una società insulare dove nessuno si senta in pericolo o emarginato a causa del proprio genere o della propria identità sessuale».

A lungo invisibile, la lotta per i diritti Lgbtq+ ha acquisito slancio negli ultimi anni. Dal 2019 l’associazione Arcu è cresciuta rapidamente in tutta l’isola, e il relativo successo del primo Pride di ieri riempie i suoi attivisti di speranza e ottimismo.

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