Internazionale

Il popolo Kanak e i «cittadini»

Il commissariato di Noumea il 23 maggio durante la visita del presidente Macron in Nuova Caledonia foto ApIl commissariato di Noumea il 23 maggio durante la visita del presidente Macron in Nuova Caledonia – foto Ap

Nuova Caledonia Lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale a Parigi non dispiace agli indipendentisti che hanno eretto barricate contro Macron e i lealisti in tutta la Kanaky-Nuova Caledonia

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 18 giugno 2024

«La ruota gira dove meno te lo aspetti» – commenta a caldo un kanak dopo l’expolit elettorale europeo del Rassemblement National. Con lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale in Francia da parte del presidente Macron, gli indipendentisti kanak, che hanno eretto barricate in tutta la Kanaky-Nuova Caledonia, tirano un sospiro di sollievo ma non allentano la mobilitazione. Resteranno vigili finché non avranno la certezza che il testo sullo «scongelamento» del corpo elettorale per le elezioni provinciali – votato il 13 maggio all’Assemblea – diventi carta straccia. Difficile prevedere ciò che succederà nei prossimi giorni: «Ogni cosa a suo tempo, ora c’è fumo ovunque e tutti vogliono vedere più chiaro, commenta un altro kanak.

PER TENTARE DI FAR LUCE in questa nuvola “nera” bisogna tornare al 13 maggio e rileggere i recenti eventi che hanno investito la Kanaky-Nuova Caledonia con uno sguardo al passato. Votato prima al Senato e poi all’Assemblea, il testo di riforma elettorale proposto da Macron ha colpito al cuore l’Accordo di Nouméa del 1998, strappando via le bende che coprivano ferite ancora sanguinanti tra i kanak. Per Macron e i lealisti caledoni, il provvedimento è un atto democratico perché permette di allargare il corpo elettorale «congelato» proprio nell’accordo, includendo non solo chi era iscritto nelle liste nel 1998 e i suoi discendenti, ma anche i nuovi arrivati. Per gli indipendentisti, invece, è un pericoloso balzo all’indietro. «È la morte della nozione di popolo kanak perché ci riduce a semplici cittadini», ha dichiarato il senatore Robert Wienie Xowie durante un evento pubblico a Montpellier, pochi giorni prima del voto all’Assemblea Nazionale.

L’ACCORDO DI NOUMÉA siglato nel 1998 tra indipendentisti e lealisti, con valore costituzionale, aveva riconosciuto la nozione di «Popolo Kanak» e ammesso le lesioni inferte dalla colonizzazione, che lo privò della sua identità legata alla terra. I kanak furono infatti confinati in riserve dal 1887 al 1946, quando ottennero la cittadinanza francese. L’accordo istituiva l’Assemblea territoriale, il governo locale e strumenti giuridici e istituzionali per i kanak, ponendo le basi per la decolonizzazione e la sovranità condivisa. Inoltre, stabiliva il trasferimento della proprietà e delle competenze sulle risorse minerarie dalla Francia alla Kanaky-Nuova Caledonia, segnando un passo cruciale verso l’autonomia economica e politica.

LA RELATIVA STABILITÀ SOCIALE degli ultimi trent’anni è ora profondamente messa in discussione. Altro che democrazia. Nei fatti Macron ha giocato la carta vincente: rendere nuovamente minoritaria la popolazione kanak, come a far risuonare ancora una volta quel progetto coloniale francese di popolamento “bianco” della Kanaky-Nuova Caledonia. Una mossa vincente, ma anche pericolosa, che si è rivelata incendiaria alla luce delle ultime notizie di cronaca.

Macron e i lealisti potevano aspettarsi che i Kanak sarebbero passati all’azione. Prima di quel 13 maggio c’erano già state delle manifestazioni pacifiche di dissenso in Kanaky-Nuova Caledonia e in Francia. «Se passa la riforma costituzionale, noi abbiamo il diritto di resistere. E la resistenza ha tante forme», aveva detto un kanak a Montpellier. «Ci hanno sbattuto fuori dalla casa in nome della democrazia» – ha aggiunto il senatore Xowie con amarezza. La casa di cui parla, riferendosi alla tipica case kanak di forma conica, rappresenta metaforicamente il tentativo dei kanak di accogliere chez eux – a casa loro – le altre comunità «vittime della storia» che non hanno scelto di vivere in Kanaky-Nuova Caledonia ma ci si sono trovate a causa della colonizzazione.

QUANTO PIÙ gli indipendentisti ottengono autonomia, tanto più la Francia e i lealisti di destra cercano di ostacolarli. Negli anni 2000, la Provincia Sud, a maggioranza anti-indipendentista, ha concesso alla multinazionale INCO di costruire un impianto di estrazione del nichel in risposta al progetto minerario indipendentista nella Provincia Nord. Al contrario del tradizionale modello estrattivista, il FLNKS ha cercato un partenariato con una quota maggioritaria con una multinazionale, tutelando la licenza mineraria e creando opportunità economiche locali. Oggi, la Koniambo Nickel SAS è un esempio raro di gestione del nichel da parte di una comunità “indigena”. In risposta ai successi dei Kanak nel ribaltare le logiche coloniali, la Francia ha recentemente proposto il «patto nickel», ribattezzato dai Kanak «patto coloniale», che offre sostegno finanziario alle industrie minerarie in crisi in cambio del ripristino del controllo sulle risorse minerarie caledoniane, trasferite alla Kanaky-Nuova Caledonia con l’accordo di Nouméa.

INSOMMA, lo “scongelamento” del corpo elettorale non è un atto democratico ma un tentativo subdolo di riprendere il controllo dell’isola. Poiché il flusso migratorio dalla Francia non accenna a diminuire, estendere il diritto di voto anche a chi risiede da almeno dieci anni sul territorio significherebbe limitare le possibilità degli indipendentisti di guadagnare sempre più spazio nel panorama politico e nell’ascesa occupazionale. Inoltre, considerando la probabilità di un quarto referendum sull’autodeterminazione (dopo il boicottaggio del terzo da parte dei kanak), diventa quasi impossibile per gli indipendentisti raggiungere il loro obiettivo.

L’escalation attuale delle violenze in Kanaky-Nuova Caledonia e l’uccisione di otto giovani kanak fucilati brutalmente dalle milizie locali potevano essere certamente evitate.

LO STRETTO COINVOLGIMENTO con gli indipendentisti, che ho frequentato durante il mio soggiorno di ricerca etnografica nel 2018, mi hanno chiarito immediatamente che Macron, con questa riforma, stava gettando le basi per un ritorno alla guerra civile, come negli anni ’80. Solo chi si rifiuta di convivere quotidianamente con i kanak, chi sui social li chiama «terroristi», «primitivi», «selvaggi», o chi guarda lo svolgimento della protesta da lontano, si stupisce oggi della loro reazione “violenta”, che colpisce il cuore della ricchezza coloniale. Eppure, è evidente che le politiche coloniali portano sempre a un rafforzamento dei discorsi identitari di autoctonia. «Fin quando ci sarà un kanak in piedi, la lotta continuerà» – è proprio uno degli slogan degli indipendentisti.

NEI PROSSIMI GIORNI SI CAPIRÀ se questa fase di sospensione istituzionale porterà alla fine della mobilitazione kanak, ipotesi poco probabile, o al rafforzamento delle posizioni indipendentiste. La possibile virata a destra in Francia preoccupa gli indipendentisti, vicini ai partiti di sinistra francesi. Tuttavia, l’archiviazione del provvedimento sembra paradossalmente più plausibile con il RN. Marine Le Pen aveva criticato duramente la gestione macroniana della relazione con la Kanaky-Nuova Caledonia e la riforma del corpo elettorale. Saranno state solo dichiarazioni di facciata? Intanto, gli indipendentisti scelgono i candidati del FLNKS per le imminenti elezioni legislative in Francia.

La rottura sociale e politica è ormai avvenuta, con morti tra gli indipendentisti per mano dei concittadini. Tornare al dialogo e alla sovranità condivisa rischia di apparire oggi una speranza nostalgica e naïve.

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