Il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti evidenzia le carenze del Pnrr in tema di spese sanitarie. Le prime tre missioni su digitalizzazione, transizione energetica e infrastrutture «evidenziano progressi più ampi, tutti superiori al 16%», il che significa che restano da mettere a terra 32,5 miliardi a fronte dei circa 40,3 di risorse complessive. Le missioni 4 e 5, su istruzione e inclusione, presentano tassi di avanzamento vicini al 5%. Ma, appunto, la missione 6 in tema di salute non raggiunge la soglia dell’1%. Dunque dei 15,62 miliardi di risorse complessive sono stati spesi finora solo poco più di 111 milioni.

Dai tassi di avanzamento si evince «l’importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per ciascuna missione e componente». L’analisi della magistratura contabile sostiene che a fine 2022 il valore complessivo della spesa dichiarata dalle amministrazioni centrali titolari di misure si attestava a 24,5 miliardi cui corrispondono 106 delle 285 misure previste, di cui 2 riforme e 104 investimenti. A ciò si è aggiunta, nei primi mesi del 2023, l’ulteriore spesa di 1,2 miliardi.

Ripartendo il dato per anno, il Rapporto evidenzia che nel 2020 il livello della spesa sostenuta si è attestata a poco meno di 1,6 miliardi: riguarda principalmente gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni e quelli di rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie e dei collegamenti ad alta velocità. Nel 2021, il livello di spesa ha raggiunto i 5,7 miliardi, con un incremento annuale di 4,1 miliardi dovuto al raddoppio di quella per investimenti ferroviari, all’attivazione dei crediti d’imposta dell’Ecobonus-Sismabonus e al piano Transizione 4.0. Nel 2022, infine, la spesa dichiarata come sostenuta ha registrato «un’ulteriore e consistente espansione», raggiungendo i 17,3 miliardi soprattutto a causa di Ecobonus-Sismabonus e dei crediti d’imposta della Transizione 4.0.

Nonostante la revisione delle stime dell’impatto del Piano sul livello del prodotto, sottolineano dalla Corte, il Pnrr è ancora accreditato di effetti importanti sulla crescita del Pl Pil: nel quadriennio 2023-2026 due terzi del tasso di crescita medio annuo prefigurato nel Def sono ascrivibili al Piano (1,2%, in assenza di Pnrr sarebbe lo 0,4%).