Il pilota automatico dell’Esecutivo
Nuova finanza pubblica La rubrica settimanale a cura di Nuova finanza pubblica
Nuova finanza pubblica La rubrica settimanale a cura di Nuova finanza pubblica
Le riflessioni nella fase del dopo-voto si possono suddividere fra la ricerca dei motivi del crollo delle sinistre (di tutte le le salse) e i vaticini sul nuovo governo: chi farà l’alleanza con chi? A tale scopo si scrutano i programmi dei vincitori per sondarne compatibilità e convergenze.
Ma se fra i due interrogativi vi fosse un rapporto occulto che dà senso ad entrambi? Una possibile prospettiva potrebbe essere questa: dopo il voto è arrivata… la pagella.
Le elezioni sono avvenute il 4 marzo; il 7, del tutto inosservato, è giunta dalla Commissione europea il contry-report sull’Italia.
Come già osservato su queste pagine, si tratta di un tassello della nuova governance economica dell’Unione, che ha il compito di porre i bilanci pubblici sotto vigilanza per assicurarsi che non sgarrino dai sacri parametri europei: segnatamente il limite del rapporto debito/Pil del 60% e del deficit del bilancio dello Stato del 3%.
Nel corso del semestre europeo (il periodo corrispondente alla prima metà dell’anno corrente) viene stabilita una analisi globale dell’economia dei paesi membri Ue (documento della Commissione a novembre dell’anno precedente, in questo caso 2017) ed una occhiuta radiografia dei paesi per vedere chi minaccia di discostarsi dal rispetto dei paramentri; a febbraio-marzo esce una disanima dell’economia dei sIngoli paesi, per capire quanto sono stati nei ranghi l’anno precedente e dispensare «raccomandazioni» per quello corrente. A fronte di cui i governi dovranno rispondere a stretto giro con due documenti, il Piano di Stabilità e il Piano nazionale di riforme (tutto sommato il vecchio Def). Che vengono esaminati ed approvati nel mese successivo, e i cui profili dovranno confluire nella legge di stabilità varata a fine anno – la quale, va ricordato, determina sostanzialmente il bilancio dello Stato.
Riprendiamo la cronologia: le istruzioni dalla Ue arrivano a urne chiuse, il 7 marzo; il governo che risponderà formulando i documenti di programmazione economica dovrà farlo entro poche settimane, quindi prima che una nuova maggioranza parlamentare nomini un nuovo esecutivo.
E il nuovo governo si troverà la strada già tracciata e difficilmente modificabile.
In questo quadro, abbastanza probabilmente i programmi di Lega e M5S sullo sviluppo economico verranno costretti a passare da una porta stretta già preordinata.
Per chi considerasse tutto ciò un bene in quanto nocivi e regressivi (si pensi alla flat tax…) si pensi che ciò varrebbe anche per un programma schiettamente socialista, anche considerando il contenuto delle raccomandazioni arrivato dalla Commissione: «Provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil»; «rafforzare il quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere contratti collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali»; «Razionalizzare la spesa sociale».
Mentre ci si lamenta che «alcuni settori, tra cui quello dei servizi professionali, dei servizi pubblici locali e dei trasporti, risentono ancora di una eccessiva regolamentazione»; che «i tagli alla spesa che le regioni devono realizzare a norma di precedenti disposizioni sono stati sistematicamente riveduti» (ne vogliono di più!).
Se abbiamo ancora il «pilota automatico» (come diceva Draghi) – e chi non lo capisce viene spazzato via – è chiaro dove ci sta conducendo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento