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Il Piano Mattei a tutto gas, più che l’Africa aiuta le multinazionali del fossile

Il Piano Mattei a tutto gas, più che l’Africa aiuta le multinazionali del fossileProtesta ecologista a Cape Town, Sudafrica – Ap

Il vertice di Roma Per ReCommon si è parlato molto di “sicurezza energetica dell’Italia”, di “governare i flussi migratori”, di “lotta al terrorismo”. Meno dei desideri e dei bisogni delle popolazioni africane

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 31 gennaio 2024

Posticipato di tre mesi a causa delle sanguinose vicende mediorientali, nella cornice di Palazzo Madama si è finalmente tenuto il vertice Italia-Africa. Tuttavia tre mesi non sono bastati a dipanare la nebbia intorno agli obiettivi del summit né sui contenuti del cosiddetto “Piano Mattei per l’Africa”, presunto pilastro della nuova cooperazione tra Italia e continente africano.

Si è parlato molto di “sicurezza energetica dell’Italia”, di “governare i flussi migratori”, di “lotta al terrorismo”, meno invece dei desideri e dei bisogni delle popolazioni africane.

In ragione dell’estromissione da qualsiasi discussione riguardante il Piano Mattei, in vista del vertice del 28 e 29 gennaio, ottanta organizzazioni della società civile africana hanno presentato una serie di richieste da sottoporre al governo italiano. Tra queste, c’è proprio la necessità di maggiore trasparenza e di inclusione della società civile africana al Piano Mattei. C’è poi la richiesta di interrompere i finanziamenti pubblici internazionali ai combustibili fossili, mantenendo di conseguenza gli impegni a raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento alla crisi climatica dei paesi africani, maggiormente esposti nonostante il loro contributo inferiore in termini di emissione di CO2. In ultimo, chiedono una cooperazione concreta per la transizione fuori dai combustibili fossili, aumentando le energie rinnovabili per soddisfare le esigenze di 600 milioni di africani.

Dalla lettera trapela però anche preoccupazione per l’opacità del Piano Mattei, per la sua governance e le voci di corridoio che lo accompagnano. Infatti, della cabina di regia faranno parte anche le istituzioni di finanza pubblica italiane, a partire da SACE, l’agenzia di credito all’esportazione. Grazie all’operatività di SACE, l’Italia è il primo finanziatore europeo di progetti fossili all’estero, il sesto a livello globale.

Dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi sul clima, l’ammontare garantito da SACE per progetti di carbone, petrolio e gas equivale a 15,1 miliardi di euro. Il 42% di queste garanzie riguarda progetti realizzati in vari paesi dell’Africa: Mozambico, Nigeria, Egitto etc. A novembre, pochi giorni prima della COP di Dubai e due mesi prima del vertice Italia-Africa, ActionAid Italia, Focsiv, ReCommon, Movimento Laudato Si’ e WWF Italia avevano chiesto al governo di interrompere i finanziamenti pubblici alle fossili, veicolati in primis da SACE e Cassa Depositi e Prestiti, purtroppo senza ottenere risposta.

Tra i progetti fossili garantiti da SACE, ben due sono in Mozambico: Mozambique LNG della oil major francese TotalEnergies, e Coral South FLNG di Eni. Il gas estratto dal progetto del cane a sei zampe è acquistato da BP che lo rivende al miglior offerente sul mercato, e, secondo fonti pubbliche (Urgewald sulla base dei dati Kpler), risulta che ad ottobre 2023 sono stati effettuati 36 carichi di gas naturale liquefatto, di cui solo 2 arrivati in Italia. Il Piano Mattei parla di “sicurezza energetica” del Paese ma l’unica sicurezza rischia di essere quella dei profitti delle multinazionali del fossile.

Della cabina di regia faranno parte anche “rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica”. Eni, appunto. Intitolare a Mattei il Piano da scrivere rimanda inevitabilmente all’operato della principale multinazionale italiana. Attore centrale in Africa, essendo il secondo produttore di petrolio e gas nel continente, e al terzo posto tra i promotori di nuovi progetti di idrocarburi. Più di metà dei profitti della società sono generati in Africa, e nel 2022 l’utile operativo di Eni ha totalizzato la cifra record di 20,4 miliardi di dollari.

Eni e SACE non hanno quindi in comune solamente la partecipazione alla cabina di regia del Piano Mattei. Oltre al già menzionato Mozambico, non bisogna dimenticare la Nigeria con il progetto di gas di Bonny Island, di cui Eni è azionista e per cui SACE ha emesso una garanzia di 700 milioni di euro.

Se il Piano Mattei vuole favorire gli investimenti italiani in Africa, è giusto che a guidarlo siano quelle stesse società che possano trarne beneficio? Considerando che il Piano è, ad oggi, una scatola vuota, rischia di riempirsi di proposte poco super partes.

* ReCommon

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