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Il Pd toscano perde. Ma tira dritto

Il Pd toscano perde. Ma tira drittoLa ministra aretina Maria Elena Boschi

Dopovoto Anche se è stato chiamato alle urne meno del 10% dell'elettorato, per il Pd è una débacle. Il segretario Parrini fa appello all'unità e avverte: "Pentirsi delle riforme è sbagliato, semmai dobbiamo innovare di più". Ma Sesto Fiorentino interroga sui macrotemi delle "grandi opere" e del referendum costituzionale, che fra le tante accentra a Roma le decisioni sui territori.

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 21 giugno 2016

Anche se in Toscana è stato chiamato alle urne meno del 10% dell’elettorato, con la sola Grosseto capoluogo provinciale, la débacle del Pd fa notizia. Sarà l’analisi dei flussi elettorali a separare le iconografiche suggestioni del dopovoto, che vedono ad esempio Matteo Salvini a Cascina (45mila abitanti) dalla ventinovenne neosindaca Ceccardi, golden girl leghista vincitrice di un soffio, e comunque con una destra compatta (Fi, Lega, Fdi) che si riprende anche la sempre oscillante Grosseto.
Per certo ci sono state sconfitte indigeribili per il partitone dem toscano, a marcata egemonia renziana, che nel contesto delle comunali faceva vanto della “buona amministrazione” dei suoi gangli locali. Non soltanto Sesto Fiorentino e appunto Cascina, sempre vittorie sicure dal 1993. Anche Montevarchi (25mila abitanti), nel Valdarno aretino, dove la trentasettenne bionda Silvia Chiassai (Fi, Lega, lista personale) ha spodestato un Pd diviso fra il candidato ufficiale Ricci e il “ribelle” sindaco uscente Grasso. Mentre a Sansepolcro vince, con il civatiano Cornioli, un centrosinistra senza Pd. Addirittura.
Nella sua analisi del voto, al Tg3 regionale, il politologo Marco Tarchi della Cesare Alfieri ha parlato di una “reazione negativa dell’elettorato Pd rispetto alle scelte nazionali”. Segnalando poi che molti elettori potenziali dem si sono astenuti. “Un serbatoio di astensione così vasto – ha concluso – sarà importante per il domani”. Proprio a quell’enorme 40% di non voto, ancora salito ai ballottaggi, sembra guardare il segretario toscano dem Dario Parrini. Che denuncia il “fuoco amico” e poi fa appello all’unità. Ma attenzione: “Non si gioca la partita della compattezza facendo passi indietro, perché pentirsi di qualche riforma è una lettura sbagliata. Semmai dobbiamo innovare di più”.
“Accelerare sull’innovazione” aveva detto Valter Veltroni proprio a Firenze, nei giorni del Pd a vocazione maggioritaria forgiato al Lingotto, cannibalizzatore a sinistra e con lo sguardo al centro. Parrini, iper-renziano con il rinnovato appoggio interno di un pur critico Enrico Rossi, non si discosta dalla linea che congiunse Ds e Margherita. Benedetta, a tutt’oggi, sia dal Nazareno che da Palazzo Chigi.
Poi c’è Sesto Fiorentino. Sestograd, dove il neo sindaco Lorenzo Falchi di Si tira le somme del lavoro fatto: “Abbiamo lavorato tanto, per spiegare le idee per una città che ha affrontato con coraggio un cambiamento non scontato. Una città che ha saputo dire: ‘No, decidiamo noi’. Ora inizia la vera partita. Intanto abbiamo rispettato il nostro passato, e tutelato il nostro futuro”. Per lui, e per l’altra sinistra di Maurizio Quercioli, Parrini è sprezzante: “A Sesto abbiamo peccato di un eccesso di gentilezza nei confronti di chi, cinicamente e senza scrupoli, ha detto una montagna di bugie e ha illuso le persone”.
Maxi inceneritore di Case Passerini e nuovo aeroporto intercontinentale tanto caro a Renzi&Carrai: ecco perché Sesto è un autentico caso – qui il M5S ha preso il 10%, (e non ha avuto alcun ballottaggio in Toscana) – che intercetta i macrotemi delle “grandi opere”, e del referendum costituzionale di ottobre. Vedi l’accentramento a Roma dei poteri decisionali sui territori.

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