Il Pd, o almeno la parte più vicina a Schlein, vota a favore a Strasburgo di una patrimoniale europea da 200 miliardi, per tassare lo 0,5% più ricco della popolazione.

LA PROPOSTA È ARRIVATA dalla francese Manon Aubry, del partito di Jean-Luc Mélenchon, che all’europarlamento fa parte del gruppo Left. Si trattava di un emendamento alla proposta della Commissione di una revisione intermedia del “Quadro finanziario pluriennale 2021-2027”. Il voto finale ha segnato 132 sì, 469 no e 20 astenuti. Tra i favorevoli alcuni dem, dal capogruppo Brando Benifei a Camilla Laureti (componente della segreteria), Pietro Bartolo, Massimiliano Smeriglio e Giuliano Pisapia.

A favore i gruppi dei Verdi e della Sinistra. Contrari i Popolari, i conservatori di Ecr (di cui fa parte Fdi) e Identità e democrazia, che comprende la Lega. No anche dagli eurodeputati del M5S. Tra i dem si segnala la contrarietà dell’ala riformista, da Pina Picierno a Mercedes Bresso, Paolo De Castro, Alessandra Moretti, Elisabetta Gualmini e Patrizia Toia. Tra i socialisti, nonostante l’indicazione di voto contraria, circa un terzo ha votato a favore insieme ai rossoverdi.

GIÀ A MAGGIO l’europarlamento aveva votato una proposta di patrimoniale avanzata in quel caso anche dai socialisti. Anche in quel caso la proposta era stata bocciata dall’aula. Allora i dem erano stati più compatti: tutti a favore tranne 3 astenuti e un contrario. Ieri invece solo l’ala più a sinistra ha deciso di votare la proposta della francese Aubry. Segnando un’altra spaccatura nel gruppo dem, dopo quella registrata a giugno sull’utilizzo del Pnrr per la produzione di armi. Il capogruppo Benifei tende a ridimensionare la divisione e spiega il suo sì: «Mi sembra di buon senso chiedere allo 0,5% più ricco della popolazione di contribuire a piani europei per la transizione ecologica e digitale. E non vedo nulla di strano dell’idea che l’Ue possa dotarsi di una imposizione propria». Per questo ha deciso di lasciare libertà di voto in questa occasione, pur trattandosi di una votazione che non era strettamente di materia fiscale. «Era giusto dare un segnale. E ricordo che il no del gruppo socialista era solo di tipo procedurale, e cioè dovuto al fatto che quell’emendamento era “fuori tema” rispetto all’oggetto della discussione».

MASSIMILIANO SMERIGLIO spiega: «Nel momento in cui l’Europa discute di salario sociale era importante sostenere una ipotesi come questa che serve a recuperare risorse: in un momento di crisi c’è una forte esigenza di redistribuzione delle ricchezze. Peccato che il Parlamento abbia fatto una scelta diversa sostenuta da tutte le forze della conservazione». Fonti M5S dell’europarlamento spiegano che «gli strumenti più adatti per reperire risorse proprie per l’Ue sono le tasse sugli extraprofitti di banche, società energetiche e assicurative, oltre alle tasse sulle grandi multinazionali e lo stop ai paradisi fiscali». Non la patrimoniale dunque. Di qui la decisione di votare no alla proposta del gruppo Left.

LA DESTRA ITALIANA coglie l’occasione per attaccare il Pd: «Eccola ancora la sinistra che predica male, razzola peggio e prova ad aumentare le tasse ai cittadini: rimane il tentativo di golpe, fallito, di una sinistra che si preoccupa solo di tassare a dismisura le persone nel nome di un’invidia sociale che le è propria», tuona il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti.
Sulla stessa linea i leghisti, per una volta d’accordo con i fratelli-coltelli del partito di Meloni: «Altro che sinistra moderata e riformista, oggi buona parte del Pd getta la maschera. Per fortuna degli italiani e degli europei ha prevalso il buonsenso: mettere le mani in tasca ai cittadini è l’ultima cosa di cui c’è bisogno ora», dicono gli eurodeputati del Carroccio Matteo Gazzini e Valentino Grant.