Internazionale

Il patriottismo militare e la cecità (degli spettatori)

Il patriottismo militare  e la cecità (degli spettatori)

Corea del Sud «Descendants of the Sun» piace perché esprime amore nazionalistico. Protagonisti Shi Jin, soldato dal volto efebico, e la dottoressa Kang dalla pelle di madreperla

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 febbraio 2018

«È un eccellente incentivo all’arruolamento: la Cina dovrebbe produrre una serie simile»: così leggiamo in un editoriale del People’s Daily, l’organo del partito comunista cinese, a proposito di Descendants of the Sun, la serie tv sudcoreana che nel 2016 ha fatto palpitare tutto il continente asiatico.

Il People’s Daily ha ragione: Descendants of the Sun promuove patriottismo, sacrificio e obbedienza, agendo come un elogio del servizio militare obbligatorio – contrastando l’idea diffusa che si tratti del fato pronto a calare implacabile e tetro sui diciott’anni.
Le sedici puntate della serie si srotolano attorno alle vicende di Yoo Shi Jin, soldato dell’esercito sudcoreano con i muscoli guizzanti di Bruce Lee e il volto efebo, e della dottoressa Kang: pelle di madreperla e cosce tornite.

La relazione tra i due ricalca i moduli dell’amor cortese: l’incontro con l’amata è eternamente rimandato e il piacere si alimenta proprio grazie al differimento, al bacio che sembra sempre stia per arrivare e che invece non arriva mai (o quasi mai – mentre il sesso proprio no, per carità, quello è bandito dagli schermi ritrosi).

Ma il movimento della trama non è sfibrato da questa fedele ripetizione di millenni di tradizione letteraria, perché la frustrazione dell’amor cortese si rinnova fondendosi con un elemento di novità. Si tratta del lavoro, del lavoro per il bene della Nazione: è sempre una chiamata in missione per Yoo Shi Jin, o un’operazione chirurgica per la dottoressa Kang, a sabotare i loro incontri e prolungare a dismisura il desiderio, che viene letteralmente disciplinato.

L’amore diventa così secondo alla professione, che per entrambi i protagonisti è una dichiarazione di fede, al punto che moltissime delle loro conversazioni si articolano come confronti tra ideologie lavorative. Lui: «Sono un soldato. I soldati come me seguono gli ordini. Facciamo quel che facciamo per proteggere la libertà e la pace di questo popolo».
Lei: «Sono un medico. Credo nella dignità della vita e non c’è valore né ideologia che sorpassi questa convinzione».
(In un paio di puntate è addirittura il testo del giuramento di Ippocrate che viene pronunciato dalla dottoressa Kang, sempre pronta a rinnovare la propria dedizione).
Ciò che li attrae reciprocamente è soprattutto l’importanza data alla santità della vita, alla missione condivisa di difenderla e custodirla. Lo capiamo già in una delle primissime scene, dove Yoo Shi Jin si innamora della dottoressa Kang mentre la vede al lavoro, china su un ginocchio ferito.

A sedurlo all’istante sono le sue mani salvifiche; solo in seguito si accorgerà di quanta bellezza sfavilla su quel volto assorto. Descendants of the Sun si apre con una scena di tensione tra le due Coree – un combattimento tra soldati nemici che contamina la leggiadria delle arti marziali con la violenza sanguinaria di un accoltellamento tra gangster.
Qualche puntata dopo, alla dottoressa Kang toccherà operare nientemeno che il generale egiziano Mubarak. Ecco così che la politica si insinua con insistenza nel meccanismo narrativo di Descendants of the Sun, rendendola una serie decisamente anomala nel palinsesto sudcoreano, che privilegia innocui idilli adolescenziali e melodrammi in costume sprofondati nel passato.

Proprio questa anomalia è stata la causa del suo successo strepitoso, con ripercussioni evidenti anche sul mercato. In Corea, i prodotti sponsorizzati dal cast sono impennati nelle vendite (una marca di ginseng rosso, carburante energetico dei militari, è aumentata del 176%; il rossetto sfoggiato dalla dottoressa Kang è presto esaurito online).

Ma è all’estero, e soprattutto in Cina, che la popolarità della serie ha innescato gli effetti più potenti. Non solo imponendosi come modello da imitare, perché se è vero che il People’s Daily ne ha tessuto le lodi, il ministro della pubblica sicurezza ha dovuto emanare invece un bando di diffida, esortando la popolazione a non lasciarsi infatuare dalle star televisive. Potrebbe sembrare una misura esagerata, ma c’è da cambiare idea quando si scopre che una signora cinese ha rischiato di rimanere cieca dopo un’ossessa pratica di binge-watching (sedici ore di visione ininterrotta, risucchiata dal sorriso malandrino di Yoo Shi Jin). Non ridete: anch’io ci sono andata molto, molto vicina. E ora sfido un po’ voi alla moderazione.

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