Il partigiano Giotto: «Votiamo nel nome dei fratelli Rosselli»
L'appello Lo pseudonimo di battaglia Giordano Bruschi lo deve a Gillo Pontecorvo: «Le urne si aprono nei giorni in cui vennero uccisi dai fascisti francesi i due martiri socialisti per ordine dei fascisti italiani. Andiamo ai seggi per affermare la loro idea di Europa, nel segno della giustizia e della libertà»
L'appello Lo pseudonimo di battaglia Giordano Bruschi lo deve a Gillo Pontecorvo: «Le urne si aprono nei giorni in cui vennero uccisi dai fascisti francesi i due martiri socialisti per ordine dei fascisti italiani. Andiamo ai seggi per affermare la loro idea di Europa, nel segno della giustizia e della libertà»
«Loro un’idea d’Europa già ce l’avevano, per l’Europa della giustizia e della libertà hanno combattuto in Spagna, in Francia hanno cercato rifugio dall’orrore fascista, ma non è bastato a salvargli la vita». Loro erano Carlo e Nello, i fratelli Rosselli, assassinati a Bagnoles-de-l’Orne, messi a tacere dai sicari di Cagoule, i fascisti francesi di Jean Filliol, su ordine dei fascisti italiani di Mussolini. Era il 9 giugno del 1937 e 87 anni dopo l’Europa va a votare e «allora lancio un appello, andiamo tutti a votare, che è un diritto e un dovere, un voto antifascista e facciamolo dalle 9 di mattina del 9 giugno e dedichiamo il voto alla memoria dei fratelli Rosselli». Chi lancia l’appello è Giordano Bruschi, per tutti a Genova e al Nord era e resta il «partigiano Giotto».
Ha 98 anni, «a settembre saranno 99, le gambe sono un disastro, ma dicono che le testa funzioni benino». Errata corrige, funziona benissimo. «Guardavo il calendario e mi è venuta un’idea – racconta -. Vedete, è mercoledì 5 giugno, il calendario ricorda Aleandro Longhi, operaio comunista, comandante di un Gap, nome di battaglia Bianchi, torturato e fucilato, la mia attività politica è iniziata alla sezione di Sestri Ponente che portava il suo nome». Il dito scende al 9 giugno, qui sono scritti i nomi di Carlo e Nello Rosselli, martiri socialisti. Sta tutto nel «Calendario del popolo antifascista», la resistenza partigiana giorno per giorno: è l’idea che Giordano e «i compagni del Circolo Sertoli» hanno avuto l’autunno scorso, diventata realtà.
Il calendario 2024 sta sul tavolo, vicino alla lettera inviata al partigiano Giotto dal Presidente Matterella, «scrive che l’idea è piaciuta anche a lui e lo dico con semplicità perché profonde e meravigliosamente semplici sono le sue parole». Sul tavolo le bozze della copertina per l’anno che verrà, ritagli infiniti di giornali, pile di libri sulla storia partigiana che grattano il cielo di questa casa, che i compagni chiamano «la dacia di Giotto» sulle alture della Valbisagno, un pezzo improvviso di verde in questa valle dove gli operai tornavano a dormire dopo aver lavorato nelle fabbriche della Valpolcevera, l’altra gola che chiude la città vecchia, quella del ponte Morandi. Qui a farla da padrone è il torrente Bisagno, violento come il suo gemello Polcevera. «Mi sto occupando anche di questo, lo scolmatore del Bisagno annunciato da regione e comune di Genova un centinaio di volte e mai ultimato», sorride Bruschi.
Che nel suo secolo breve ha fatto anche il giornalista all’Unità. Il giovane Giordano ha iniziato la sua lotta partigiana tra gli studenti e gli operai di Genova, poi ha preso lo zaino ed è salito a Torino, dove ha incontrato il compagno Gillo Pontecorvo: «Avevo 15 anni, eravamo in via Giotto e allora lui disse ’sarà Giotto il tuo nome di battaglia’». Al Pci è stato iscritto 50 anni, poi nel 1991 il passaggio a Rifondazione. Sul caminetto c’è una foto con il sindaco Beppe Pericu, un socialista che governò (bene) la città con due comunisti di Rifondazione in giunta. Il partigiano Giotto resiste e combatte, una cosa per lui è certa: solo l’ignoranza fa paura e il silenzio è uguale a morte
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