«Gli obiettivi della Russia in Ucraina non sono cambiati e la pace non sarà possibile finché non saranno raggiunti». Non arretra di un passo il presidente russo, Vladimir Putin, che ieri ha ribadito la propria visione del mondo e degli equilibri geopolitici globali nella conferenza stampa di fine anno. Quattro ore di show nelle quali il capo di stato ha risposto alle domande del pubblico e della stampa e si è anche concesso un siparietto con l’Intelligenza artificiale.

«Presidente» ha chiesto l’avatar in un finto collegamento video, «gira voce nella stampa occidentale che lei usi dei sosia». Il pubblico in sala ride e Vladimir Vladimirovich accenna un sorrisetto, poi finge di prendere appunti mentre ascolta con affettata attenzione. «Solo una persona può essere come me e parlare con la mia voce, e quella sono io» ha tagliato corto il leader. Ma la breve parentesi comica, che in realtà aveva il preciso obiettivo di sfatare una diceria che da quasi due anni riappare periodicamente sui media, è solo una piccola parte di un evento pensato per ribadire che il Cremlino è sereno, sicuro e forte. L’anno scorso la conferenza era saltata all’ultimo senza specificare il perché. Quest’anno le reti tv l’hanno trasmessa in diretta per intero e nulla è stato lasciato al caso. A partire dalla frase iniziale, «l’esistenza del nostro Paese senza sovranità è impossibile. Semplicemente non esisterà».

MA QUANDO potrà dirsi soddisfatto dei risultati in Ucraina? «Vi ricordo di cosa parlavamo all’inizio: della denazificazione e smilitarizzazione dell’Ucraina, del suo status neutrale. Oggi l’Ucraina non produce quasi niente. Tutto gli viene fornito. Ma tutto ciò, a quanto pare, si sta esaurendo». Questa, per il presidente russo, è la «la smilitarizzazione» di fatto del nemico. «C’è una domanda breve ma importante che preoccupa molti:» ha chiesto il giornalista televisivo Pavel Zarubin, «ci sarà una seconda ondata di mobilitazione?» Putin non si è scomposto, sa che intere regioni della Federazione sono terrorizzate dall’eventualità che i propri figli siano chiamati forzatamente sotto le armi. «Abbiamo avuto una mobilitazione parziale, e in quell’occasione abbiamo chiamato a raccolta 300.000 persone». Ora ci sarebbero circa 617 mila soldati impegnati in Ucraina, dei quali 486 mila si sono arruolati volontariamente per un periodo di 1-3 anni. «Il flusso dei nostri uomini pronti a difendere gli interessi della patria con le armi in pugno non accenna a diminuire» e al momento ci sono 244 mila uomini in prima linea.

PUTIN NON HA VOLUTO fornire numeri sulle perdite delle sue forze armate ma si è scagliato contro chi «fa ironia e assegna nomignoli» ai soldati. Secondo un rapporto statunitense, tuttavia, i morti o feriti russi dall’inizio dell’Operazione militare speciale sarebbero 315 mila, corrispondenti al 90% circa del corpo d’invasione originario.

Mentre il capo ringraziava una donna del Lugansk che lo elogiava per aver reso la sua regione «parte della federazione russa» oppure mostrava compita umiltà di fronte a un reduce che si diceva «onorato» di poter parlare con lui, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha tenuto una conferenza stampa presso il quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles nella quale ha avvertito: «Se Putin vince in Ucraina, c’è il rischio concreto che la sua aggressione non finisca lì». Ma il leader del Cremlino ha lasciato intendere che il suo Paese non ha problemi né con l’Europa né, addirittura, con gli Usa. «Per quanto riguarda la normalizzazione delle relazioni, non dipende solo da noi» e ha citato nuovamente il «colpo di stato» in Ucraina del 2014.

ANCHE PERCHÉ, nonostante tutto, Putin dice di non aver cambiato idea: «Malgrado i tragici sviluppi attuali, russi e ucraini sono essenzialmente un unico popolo». Peccato che quel «malgrado» sia l’essenza dell’odio profondo che ora divide i due popoli. Del resto, il presidente sembra compatire i Paesi europei, «il punto è che hanno perso in larga misura la loro sovranità e stanno prendendo molte decisioni a loro danno». «All’esterno, molti politici europei possono assomigliare al generale de Gaulle, ma in realtà sono più simili al maresciallo Pétain» ha concluso sarcastico.

PRIMA CHE il Consiglio europeo iniziasse e che Orbán vendesse la sua intransigenza per qualche miliardo di euro, Putin si era spinto persino a lodarlo: lui e Robert Fico «non sono politici pro-Russia, ma pro-nazionali: difendono gli interessi dei loro Paesi». «Forse» ha proseguito «tutto ciò a che fare con l’eccessiva dipendenza dell’Europa dal Grande Fratello, gli Stati Uniti. Ma noi siamo pronti a costruire relazioni con loro e siamo pronti anche a costruirle con gli Stati Uniti. Crediamo che l’America sia un Paese importante sulla scena mondiale. Ma questa politica assolutamente imperiale che il Paese persegue è negativa per loro stessi». La Russia, inoltre, sostiene Putin, crescerà economicamente nonostante le sanzioni. A Mosca prevedono «che il Pil russo aumenterà del 3,5% entro la fine dell’anno». A far da traino il settore dell’industria bellica. Sull’inflazione che potrebbe schizzare all’8% è meno spavaldo e si affida alla speranza: «La Banca Centrale e il governo stanno adottando misure per riportarla ai livelli giusti».

IL MONDO secondo Putin è così: costante, ripetitivo e paziente come quello del ragno che attende che la preda si intrappoli da sola. Peccato che i protagonisti non siano solo due e capita, come ieri con la decisione dell’Ue di avviare i negoziati di adesione all’Unione, che la tela si possa ingarbugliare.