Smeriglio: «Il modello Lazio è il futuro della sinistra, la rigenerazione passa per Zingaretti»
Massimiliano Smeriglio (Lista civica) "Non basta stare più a sinistra del Pd per avere ragione. Noi abbiamo vinto su un modello fondato sul valore delle differenze e la pratica dei legami sociali"
Massimiliano Smeriglio (Lista civica) "Non basta stare più a sinistra del Pd per avere ragione. Noi abbiamo vinto su un modello fondato sul valore delle differenze e la pratica dei legami sociali"
Massimiliano Smeriglio, il tentativo di Pisapia è naufragato. Ma nel Lazio ha vinto il centrosinistra.
Abbiamo vinto con un modello sociale e politico plurale fondato sulla valorizzazione delle differenze. Unici in Italia, tra i pochi in Europa. È il modello che ha vinto nel 2008 quando a Roma Rutelli più Rifondazione perdevano, nel 2013 quando Bersani più Vendola portava a casa la famosa ‘non vittoria’. Oggi nel Lazio abbiamo preso 350mila voti in più rispetto al voto nazionale, dove è andata in scena una sconfitta storica per la sinistra e il centro sinistra.
E però nel Lazio non avete i voti per governare.
Troveremo la maggioranza in aula, in modo trasparente con chiunque voglia condividere il nostro programma.
A Montecitorio il Pd e la sinistra dovrebbero votare la fiducia a un governo a 5 stelle?
Bisogna verificare in aula le ragioni di chi riceverà il mandato dal presidente Mattarella. Ma rispetto a noi c’è una una bella differenza: Zingaretti ha il mandato popolare diretto, e noi non abbiamo mai insultato nessuno, neanche in campagna elettorale.
Se la sconfitta del centrosinistra è storica, e la vittoria nel Lazio un’eccezione, non è più saggio voltare pagina?
Il nostro campo largo progressista ha investito sui legami sociali, le pratiche di solidarietà. I comuni sono le nostre case matte per la ricostruzione della società: più di 200 sindaci hanno sostenuto Zingaretti. Abbiamo difeso i servizi pubblici, l’acqua bene, i centri anti violenza, il diritto allo studio. Abbiamo assunto i medici non obiettori. Proviamo a risolvere problemi. Qui nel Lazio siamo lontani mille miglia dalle chiacchiere politiciste.
Lei non era candidato. Che farà?
Sono a disposizione, deciderà Zingaretti se e come utilizzare la mia storia.
Liberi e uguali deve decidere se andare avanti, ma la direzione non sembra quella del modello Lazio.
Vedremo. Ho rispetto per la loro discussione. Ma non capire in quale punto della notte ci troviamo ha determinato errori catastrofici che nel Lazio non abbiamo commesso. Da un lato c’era chi mandava in onda la settimana Incom sull’Italia che funziona. Non capendo che l’Italia è crisi di senso e di tenuta democratica senza precedenti e il modello polacco è dietro l’angolo. Dall’altro la chimera del quarto polo, come se bastasse spostarsi più a sinistra del Pd, cosa peraltro facile, per essere votati. Il tema è come tenere in vita il terzo polo, cioè il campo progressista. Che di fronte alla potenza dei razzisti e dei nazionalpopulisti, rischia di sparire.
Voi avete vinto anche grazie alle divisioni della destra.
È esattamente il contrario: la destra si è divisa perché noi apparivano forti. A destra il problema non sono i fascisti del terzo millennio, ma il fascismo culturale diffuso. CasaPound fa flop perché la Lega, e cioè vero polo lepenista, straripa nei quartieri popolari. Di fronte a questo scenario andrebbe azzerato tutto. Servirebbe una Epinay della sinistra europea. Se alla rottamazione contrapponi la restaurazione vai a sbattere. Se alla crisi del Pd contrapponi la copia sbiadita dei 5 stelle le persone normali votano 5 stelle. Per questo penso sia utilissima la proposta di Zingaretti di rigenerazione del capo largo del centro sinistra, mettendo a disposizione la nostra esperienza regionale, dialogando con chi su scala locale ha resistito alla crisi nel Pd e fuori dal Pd.
Sta dicendo che la sinistra dovrebbe iscriversi al Pd e partecipare alle prossime primarie?
Sto dicendo che va rifondato il campo largo delle forze progressiste innovando anche sulla forma partito. E le forze più radicali, quelle sul campo, dovrebbero accettare la sfida. Massima radicalità sul terreno sociale e dei valori, massima responsabilità sul piano della difesa del terreno istituzionale e del gioco democratico. Così hanno fatto i movimenti che hanno sostenuto Sanders nelle primarie americane, così ha fatto Corbyn: non è scappato, ha conteso l’egemonia del Labour, ha vinto il corpo a corpo con gli ultraliberisti blairiani. Il tema vero è come rifondare un popolo, un blocco sociale consapevole, le sue forme organizzate. Il primo passo è rigenerare il campo delle forze democratiche e progressiste.
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