La prima uscita pubblica del nuovo ministro di Giustizia, Carlo Nordio, è all’Università Roma Tre per la presentazione del calendario della Polizia penitenziaria. Ma forse non è solo il contesto a ispirare il neo Guardasigilli quando afferma «le carceri sono la mia priorità» e promette: «La mia prima visita pastorale laica non sarà nelle Corti di appello o in un ufficio giudiziario, ma sarà alle carceri». Il ministro, insieme al capo del Dap Carlo Renoldi, presente all’evento, sceglierà nei prossimi giorni «due o tre istituti particolarmente in difficoltà» per una «visita simbolica ma effettiva per dare un segnale di attenzione prioritaria da parte del nostro ministero alla situazione carceraria».

Non è solo il contesto, dicevamo. Certamente, il Corpo degli agenti penitenziari – da sempre un buon bacino di voti per la destra – si aspetta molto dal governo Meloni, almeno (ma non solo) in termini di assunzioni e di attenzione ai sacrosanti problemi dei lavoratori delle carceri. E sicuramente rilanciare il solito piano di edilizia carceraria è la via più breve per dare un primo colpo al cerchio (dei poliziotti) e uno alla botte (dei palazzinari). Ma il ministro vuole anche dimostrare, da un lato, che il suo non è un garantismo solo procedurale, e dall’altro, di essere vicino ai penultimi (gli agenti) nella scala dell’esecuzione penale.

Ecco perciò che nel programma del ministro di Giustizia emerge «il potenziamento delle strutture edilizie» e delle «risorse umane»: «Occorre costruire nuove carceri», spiega Nordio che però, venendo incontro all’appunto sollevato nei giorni scorsi da Renoldi, aggiunge: «E migliorare quelle esistenti». Parla anche di migliorie al trattamento economico di chi lavora nelle carceri «in condizioni veramente difficili».

Il ministro veneto, che ieri mattina ha avuto il primo colloquio con il vicepresidente del Csm, David Ermini, e ha nominato al vertice del suo Gabinetto Alberto Rizzo, presidente del tribunale di Vicenza, e l’ex deputata di FI Giusi Bartolozzi, ha 90 giorni di tempo per decidere se confermare l’attuale capo Dap, Renoldi, molto criticato dai sindacati di destra della Polizia penitenziaria per il suo orientamento garantista e di assoluto rispetto dei diritti dei detenuti. Ieri Nordio lo ha ringraziato come colui «che è stato valido collaboratore della ministra Cartabia». Ed entrambi, ha affermato, sono «stati efficaci». Mentre di sé il Guardasigilli ha detto di essere «un garantista, e questo significa applicare il principio latino del Diritto Romano, garantire al massimo la presunzione d’innocenza ma anche la certezza della pena. Ma questo non significa – ha puntualizzato – una pena crudele e cattiva, bensì una che tende a rieducare il condannato, o almeno a non farlo diventare peggiore di quando è entrato in carcere», nel rispetto «della Costituzione e dei principi cristiani».

E allora vogliamo sperare che il ministro Nordio scelga tra i carceri da visitare per primi Secondigliano a Napoli, dove da pochi giorni è stato trasferito un detenuto pakistano di 28 anni proveniente da Regina Coeli, un uomo che dorme sempre, tutto il giorno, presumibilmente da quando è stato arrestato. Dorme senza mai svegliarsi, immobile, non risponde agli stimoli ed è munito di catetere e pannolone, e imboccato a forza di cibo liquido, come ha potuto testimoniare Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone, che lo ha visto a giugno durante una visita nel carcere. Dorme anche quando compare davanti al giudice per le udienze, contrariamente a quanto prescrive il diritto procedurale che vuole che il detenuto sia informato e cosciente del procedimento al quale è sottoposto.

A Regina Coeli, dove gli agenti lo chiamavano «il simulatore» perché non è stata trovata alcuna causa organica, la diagnosi è stata troppo frettolosa. L’uomo ora, dopo la denuncia di Marietti, è stato trasferito nel grande centro clinico di Secondigliano dove sono già stati programmati approfondimenti medici soprattutto di tipo neurologico e neuropsichiatrico (in Svezia da vent’anni studiano la «Sindrome da rassegnazione» riscontrata soprattutto nei bambini figli dei richiedenti asilo). Perché, come ha scritto Marietti, «nessuno simulerebbe mesi di morte apparente».