La preghiera dei fedeli ebrei sulla Spianata delle Moschee è «autorizzata», auspica il ministro della sicurezza nazionale ed esponente dell’ultradestra messianica israeliana Itamar Ben Gvir. Lo ha detto ieri, alla conferenza organizzata alla Knesset «Ritorno israeliano al Monte del Tempio».

Gli hanno risposto, a stretto giro, il premier Netanyahu da Washington («lo status della Spianata non cambia»), i partiti religiosi («una violazione della legge israeliana» e «una blasfemia») e la stessa polizia. Ben Gvir avanza i suoi desideri spesso, forte del sostegno di una base significativa e della posizione ministeriale. Non è l’unico: da decenni le incursioni di coloni ed estremisti ad al Aqsa sono volte alla trasformazione dello status quo, garantito dalla Giordania, ma soprattutto alla distruzione della moschea terzo luogo sacro dell’Islam e la sua sostituzione con un nuovo Tempio. Un sogno che non è relegato a una minoranza, prova ne sia l’ospitalità garantita dalla Knesset dell’evento da cui Ben Gvir ha ribadito le sue posizioni.

Poche ore prima, in un’intervista a Bloomberg, aveva detto la sua sul voto statunitense dando il suo sostegno (scontato) a Trump, considerato l’uomo adatto ad «agire contro l’Iran». Dopotutto, Ben Gvir aveva definito «non una grossa perdita» il ritiro dalla corsa presidenziale di Biden, accusato di sostenere Hamas non inviando abbastanza armi a Tel Aviv.