Pace, multiculturalismo, libertà di pensiero, religione e politica. Ma anche «orgoglio europeo», gratitudine, e soprattutto «la promessa democratica di uguaglianza che – come tedesca che ha vissuto 35 anni nella Ddr – ancora oggi mi riempie, obbligandomi a impegnarmi con tutte le mie forze per onorare questo impegno».

La cancelliera Angela Merkel guarda negli occhi i 709 deputati del Bundestag ma parla al cuore dei 446 milioni di abitanti dell’Unione europea, dieci giorni prima che la Germania assuma la presidenza di turno del Consiglio Ue.

Con un discorso storico da vera “Mutti” dell’Europa e figlia dei Padri fondatori della Comunità che «non è semplicemente un’eredità storica regalata che possediamo ma qualcosa che dobbiamo formare, gestire e migliorare tutti insieme».

Ricordando che lo spirito europeo non deve cambiare anche se ci sono stati «equivoci conflitti, ferite» e perfino la Brexit.

«Paradossalmente proprio questa decisione, che certo noi non abbiamo desiderato, comporta che ora siamo guidati con ancora più forza dalla certezza che solo come comunità possiamo continuare a fare vivere i nostri valori e affermarli in tutto il mondo».

Messaggio diretto per chi tifa per la disintegrazione dell’Ue, ma anche il mea culpa per non avere saputo contrastare in tempo la pulsione dei nemici dell’Europa che «soffre perché noi europeisti per troppo tempo abbiamo considerato ovvia la nostra Unione e troppo raramente abbiamo detto di cosa siamo orgogliosi. E perché abbiamo permesso ai nostri avversari di parlare dell’Europa invece di costruirla accettando passivamente le loro idee».

La parola d’ordine per l’ex “ragazza dell’Est” è creare «l’Europa resistente», nell’epoca storica in cui l’Ue è chiamata ad affrontare «la più grande sfida della sua storia».

Partendo dalla capacità di «creare futuro» dopo le crisi che hanno rischiato di affossare il progetto comunitario che la cancelliera elenca uno per uno. Dal rifiuto della Costituzione europea nel 2007 alla crisi finanziaria del 2008, dall’emergenza profughi del 2015 al coronavirus che «è costato la vita a oltre 100mila persone».

Anche se Merkel è ben consapevole dei piedi di argilla dell’Europa: «Sono bastate poche settimane di stallo dell’economia per rimettere in discussione tutte le nostre conquiste. Il diritto alla libertà degli europei, che davamo per scontato, è stato ristretto. Un prezzo molto alto che ha pesato su chi ha preso le decisioni, me compresa». Senza dimenticare le risposte scomposte, «più nazionali che europee», e che il Covid-19 ha dimostrato quanto l’Europa sia «dipendente a Paesi terzi nella produzione dei farmaci, apparecchiature mediche e mascherine».

La lezione imparata dalla cancelliera è che «nessuno Stato può superare la pandemia da solo, e la Germania è forte solo se lo sono anche gli altri Paesi». Per questo, secondo lei, l’Europa non può tornare alla “normalità” di prima e servono cambiamenti radicali: «Dall’economia CO2-free alla digitalizzazione, fino ai posti di lavoro che devono essere sicuri in modo duraturo». Da qui l’impegno per un «fondo economico di ripresa da definire prima dell’estate e ratificare entro fine anno»; non solo un progetto ma «un urgente imperativo» se si vuole estinguere il fuoco del sovranismo.

«Non dobbiamo essere ingenui: le forze anti-democratiche e i movimenti autoritari aspettano la crisi economica per abusarne politicamente – e qui qualcuno potrebbe sentirsi chiamato in causa – e alimentare le paure sociali diffondendo insicurezza. Per questo dobbiamo impegnarci per lo sviluppo sostenibile di tutte le regioni dell’Europa. Per avere uno strumento politico contro i populisti».