Il manager di «The Donald» è stato pagato da Yanukovich
Stati uniti Hillary: «Devono spiegarci gli attacchi hacker»
Stati uniti Hillary: «Devono spiegarci gli attacchi hacker»
Tra Putin e Trump c’è da tempo un rapporto ambiguo che finisce per dare vita a reazioni complicate negli Usa. Già mesi fa Putin aveva endorsato Trump, «The Donald» si era poi espresso favorevolmente riguardo il ritorno alla Russia da parte della Crimea e solo pochi giorni fa sempre Trump si è rivolto, durante un comizio, direttamente agli hacker russi che hanno presumibilmente attaccato i server del comitato democratico, chiedendo loro di completare il lavoro danneggiando Hillary Clinton.
I rapporti sembravano e problematici, di conseguenza, già stretti così, ma un nuova serie di legami è venuta a galla. Il manager della campagna di Trump, Paul Manafort, lunedì ha dovuto rispondere ad un articolo del New York Times pubblicato domenica, in cui si leggeva di un pagamento di quasi 13 milioni di dollari non dichiarati che Manafort avrebbe ricevuto dal partito filorusso dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich.
Un’azione difficilmente sostenibile come normale consulenza; Manafort aveva lavorato come collaboratore per il Partito delle Ragioni per diversi anni, aiutandolo per altro a vincere le elezioni.
La replica di Manafort è stata affidata a Politico: «Il fatto che io abbia ricevuto pagamenti in contanti è infondato, malato e senza senso» ha dichiarato il manager della campagna di Trump. Manafort ha poi aggiunto che il suo lavoro in Ucraina sarebbe ormai terminato, essendo cessato nell’ottobre del 2014. La rivolta ucraina che ha portato alla caduta di Yanukovich è iniziata a fine 2013, l’ex presidente ucraino è fuggito in Russia pochi mesi si dopo a inizio 2014. La Maidan è esplosa quando Yanukovych si è rifiutato di siglare un accordo con l’Unione europea che avrebbe orientato l’Ucraina verso l’occidente, allontanandola quindi dalla Russia, Manafort avrebbe collaborato – invece – ad avvicinarla alla Russia. Dopo la fuga di Yanukovich la situazione è degenerata.
La reazione di Hillary Clinton non si è fatta attendere ed è arrivata tramite una nota del suo manager della campagna, Robby Mook. «Considerando le prese di posizione pro-Putin di Trump e il recente attacco informatico del governo russo e la diffusione dei dati del Partito Democratico – ha scritto Mok – Donald Trump ha la responsabilità di rivelare i collegamenti di Manafort e di tutte le altre persone impiegate nella campagna con la Russia o con altre entità del Cremlino, facendo inoltre sapere se gli impiegati di Trump o i suoi consulenti sono pagati o rappresentati da loro».
In passato Robby Mook, aveva già apertamente accusato il presidente russo Vladimir Putin di aver rubato i messaggi email di Hillary Clinton e di averli pubblicati proprio alla vigilia della Convention democratica di fine luglio a Philadelphia, per favorire l’elezione alla Casa bianca di Donald Trump; in quell’occasione Manafort lo aveva etichettato a suo modo, dandogli del «visionario». Il fatto è che se le sue accuse di Mook fossero confermate, provocherebbero una crisi diplomatica e Washington sarebbe costretta a rispondere e almeno a convocare l’ambasciatore per chiarimenti.
All’interno di questo quadro non è più una notizia di solo gossip, da pettegolezzo sulla spiaggia agostana, quella che riguarda la figlia maggiore e braccio destro di Trump, Ivanka che in questo momento si trova con il marito in vacanza in Croazia insieme all’amica Wendi Deng Murdoch, ex moglie di Murdoch di cui ancora porta il nome.
«Wendy è una donna straordinaria – ha dichiarato Ivanka – da ogni conversazione con lei ne esco sempre con nuove connessioni e legami, sia amicali che lavorativi».
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